7.5
- Band: ALTAR OV ASTERIA
- Durata: 00:34:00
- Disponibile dal: 26/11/2024
- Etichetta:
- Dusktone
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Con “La nascita della tragedia dallo spirito della musica”, Friedrich Nietzsche ha imbrattato di sangue l’immaginario candido che Winkelmann, Mengs ed Hegel avevano costruito attorno alla Grecia antica: abbattendosi come un ciclone sulle statue immacolate e sulla razionalità mitizzate idealisti e neoclassici, Nietzsche ha mostrato il lato dark, truculento e tragico della tradizione ellenica, enfatizzandone i tratti primitivi e violenti.
Questa Grecia dionisiaca emerge tra le suggestioni che le Altar Ov Asteria, anonimo duo di Dresda formato da musiciste già attive nella scena locale, hanno voluto condensare nel loro album d’esordio “Éna”. Un album che enfatizza, almeno sul piano estetico, un certo rimando al mondo greco (Asteria è la madre della tenebrosa dea Ecate), ma che intesse le proprie atmosfere a partire da un più complesso miscuglio di realtà storica e finzione, occultismo e letteratura.
Sul piano musicale, le Altar Ov Asteria giocano con decisione la carta della drammaticità, puntando su atmosfere dense e scurissime che ricordano i lavori di Nergal e Jön Nodtveidt. In particolare, la lezione dei Behemoth affiora lungo quasi tutto l’album: la si percepisce nelle soluzioni melodiche accattivanti, in certe discese verso gorghi infernali quasi congestionati di suono, ma anche nella performance della cantante, profondissima e teatrale. Su questa base, il duo tedesco ha innestato una componente gotica vecchia scuola – quasi da colonna sonora di horror d’antan – e alcune vibrazioni ottantiane, costruendo un sound convincente e non banale. I pezzi più rappresentativi di questa proposta sono probabilmente la buona “Hesperus”, forse la sintesi più riuscita delle influenze citate, e l’opener “Arroganz”, montagna russa di riff impattanti e digressioni imprevedibili.
Proprio “Arroganz” presta però il fianco anche a quello che, a nostro avviso, è un limite nel songwriting delle Altar Ov Asteria, ovvero la struttura a volte un po’ dispersiva dei brani che occasionalmente ne spegne il climax. Ciò tuttavia non incide troppo sul risultato finale, dal momento “Éna” non indugia in riempitivi e non presenta veri momenti morti.
A tale proposito, ci sentiamo di lodare anche la scelta di contenere il minutaggio dell’album a beneficio della sostanza, che in questo lavoro si mastica davvero fino all’ultimo minuto: l’album si chiude infatti con due pezzi di grande effetto, forse tra i più incisivi di tutto il platter. “Kataklysm”, scelta anche come singolo, è una un’invocazione furibonda urlata nel caos degli elementi, intervallata da struggenti aperture melodiche. “Pilatus”, invece, digrada da uno dei passaggi più ‘norvegesi’ del disco verso un lungo recitativo in lingua tedesca, che quando meno ce lo si aspetta esplode in un finale tesissimo e dirompente.
Un esordio da tenere d’occhio, che lascia con la curiosità di sentire come evolverà questo interessante progetto. E un ‘ben fatto’ anche per Dusktone, che aggiunge un altro buon ascolto a quelli che ci ha proposto nel 2024.