8.0
- Band: ALTARAGE
- Durata: 00:36:04
- Disponibile dal: 26/02/2016
- Etichetta:
- Iron Bonehead Prod.
- Sentient Ruin
Spotify:
Apple Music:
Che gli Altarage non fossero l’ennesimo gruppo clone di Portal, Mitochondrion e Antediluvian lo si era già intuito lo scorso anno, quando – in concomitanza dell’uscita del demo “MMXV” – si erano imposti per la loro capacità di evocare atmosfere tenebrose e alienanti su una base sonora solida e concreta, attenta a non perdere la bussola e a preservare un impatto tipicamente death metal. Oggi, a qualche mese di distanza, il discorso si ripete, tingendosi ulteriormente di nero per conferire al quadro generale l’aspetto di un mostruoso abisso, nel quale luce e materia vengono inglobate senza soluzione di continuità, fino a scomparire. “NIHL” è il manifesto di una band che guarda al passato per plasmare il futuro, in cui la viscosità, il senso di paranoia e la fascinazione nei confronti del vuoto dei nomi citati in apertura si mescolano alla grande arte del riff, del senso logico anteposto all’astrattismo fine a se stesso, per un risultato finale destabilizzante e assolutamente convincente, che spalanca tremende voragini nel mondo delle sonorità più dense e caotiche. Il punto di forza del quartetto iberico – come detto poc’anzi – risiede indubbiamente nelle chitarre, le quali dispensano, per l’intera durata dell’opera, una gamma di soluzioni da far accapponare la pelle: tra sfuriate ossessive e martellanti, parentesi ipnotiche e digressioni degne dei migliori Dead Congregation e Cruciamentum, la coppia d’asce si rivela un’entità insaziabile, in combutta con le peggiori branche del drone e del black, che non manca mai di iniettare veleno e follia in ciascuno degli otto brani della tracklist, trasformandoli in autentici supplizi per la mente e per il corpo. Non sono da meno, ovviamente, voci e sezione ritmica, con le prime a suonare come il rantolo di un creato putrescente, prossimo alla fine, e la seconda a produrre una serie di pulsazioni disumane, tendenti al blast beat ma non per questo prive di cambi di registro. A tal proposito, un episodio come “Baptism Nihl” suona quanto mai esemplificativo: incipit soffocante e cadenzato, crescendo strumentale dato dall’emersione di riff chiari e intelligibili, finale in balia della più assoluta degenerazione, che pone fine al tutto dopo appena tre minuti. Un olocausto sonoro condensato, applicabile all’intero lotto di canzoni, espressione di una delle più spaventose realtà del panorama death metal contemporaneo. Il rumore del Caos strisciante che bussa alle porte del nostro mondo.