7.5
- Band: ALTARAGE
- Durata: 00:36:38
- Disponibile dal: 15/09/2023
- Etichetta:
- Doomentia Records
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Se padri ispiratori come Impetuous Ritual e Portal sono soliti prendersi il loro tempo per confezionare un nuovo disco, lasciando passare anche più di un lustro tra un’uscita e l’altra, gli Altarage hanno ormai deciso di muoversi nella direzione opposta, rendendosi protagonisti di un’incessante colata di magma a base di death metal allucinato, martellante e sperimentale. Un flusso di opere che dal 2015, anno di pubblicazione del demo “MMXV”, non si è praticamente mai arrestato, e che se da un lato ha senza dubbio contribuito a rafforzare e mantenere vivo il nome del gruppo basco, con tanto di accordo (oggi estinto) con la potente Season of Mist, dall’altro ha anche privato i suddetti lavori di un po’ di hype e particolarità, vista la cadenza quasi matematica con cui sono stati immessi sul mercato.
“Worst Case Scenario” si inserisce perfettamente in questo discorso, arrivando a tre mesi dall’EP-antipasto “Cataract” e a poco più dodici dal full-length “Sol Corrupto”, riuscendo tuttavia a consegnarci una band che, nel momento in cui si rinchiude in studio, sembra essere incapace di mancare il colpo.
Gli otto episodi della tracklist evidenziano anzitutto una scrittura che, almeno a questo giro, taglia corto con la dilatazione delle trame e le odissee noise/rumoristiche (si pensi alla seconda parte di un brano come “Devorador De Mundos” o all’intera “Deriva”), cui si aggiunge una resa sonora un filo più ‘pulita’ del solito, utile a cesellare quel guitar work enorme e terrificante che da sempre contraddistingue la proposta del terzetto.
A conti fatti, gli elementi con cui giocano i Nostri sono immutabili dagli esordi, a ribadire una visione musicale stoica e precisissima; quello che può variare, di volta in volta, è la maniera in cui vengono dosati per scatenare incubi e deliri durante l’ascolto, e in “Worst…” questa operazione si traduce in un gioco di contrasti più acceso e destabilizzante che mai, con sezioni marziali e cadenzate (quasi una versione death metal dei Primitive Man) alternate a sfuriate paranoidi in grado di combinare la tensione dissonante dei maestri australiani con i riff possenti e distinguibili dei Dead Congregation.
A costo di ripeterci, nulla che esca dal seminato di tenebre e follia di un “The Approaching Roar”, di un “Endinghent” o di un “Nihl”, ma se si sorvola sull’immobilità della formula – ormai endemica in casa Altarage – risulta difficile non premiare il contenuto della raccolta e di abissi in musica come “Enigma Signals”, “Case Full of Putrid Stars” o “Gift of Awakening”, i quali, grazie al loro mix di autorevolezza e solidità, incontreranno facilmente i favori degli appassionati del genere e dei fan di lunga data. Ci rivediamo l’anno prossimo o giù di lì.