7.0
- Band: AMERICAN HERITAGE
- Durata: 00:33:25
- Disponibile dal: 24/11/2014
- Etichetta:
- Solar Flare Records
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A metà degli anni Duemila, gli American Heritage erano un vero gioiello dell’underground. Suonavano un progressive sludge furioso e dinamico che per certi versi era anche antecedente e precursore dei Mastodon e di sicuro anche anticipatore di band come Kylesa, Taint, Black Tusk, Bison B.C., Red Fang, Black Cobra, Howl, Baroness, eccetera. Inoltre la band era schiva e riservata, facendo uscire lavori col contagocce e suonando dal vivo molto di rado. Insomma, gli American Heritage erano una vera novità e un autentico enigma quando si affacciarono sulle scene e furono una delle prime band a suonare lo sludge dei Melvins con influenze metal e hardcore e a porre le basi per quel sound con cui label come Hydrahead, Translation Loss, At A Loss, Southern Lord, Relapse, Riot Season, Rise Above, e Neurot fecero gran fortuna solo qualche anno dopo. Oggi gli American Heritage tornano con il loro quarto full length dal 1999, dunque confermando sia quanto erano avanti rispetto ai tempi quando apparirono sulle scene, sia la sporadicità e infrequenza delle loro uscite, con un’opera che è essenzialmente formata da tutti gli elementi salienti visti nei lavori precedenti e con davvero poche variazioni sul tema. Siamo ancora una volta di fronte ad un mathchore furioso e incompromissorio, pieno di saliscendi vorticosi, cambi di tempo allucinanti e in generale di una attitudine prog tutta basata su una tecnica mostruosa che davvero di rado capita di sentire in giro oggigiorno, se non appunto in band come i Mastodon, i Dillinger Escape Plan e poche altre. Oltre alla tecnica mostrata e questa loro riformulazione dell’hardcore in chiave epica ed evoluta, l’altra anima della band è formata dalle loro radici southern e da un sound grasso, lercio e downtuned preso in prestito direttamente dagli Eyehategod e dai Melvins. Ecco perchè la band può essere considerata la gemella meno fortunata dei Mastodon: anche qui ci sono tutti quegli esileranti momenti di prog sontuosissimo e tecnica sopraffina mista a lercissima furia sludge e hardcore che tanto abbiamo amato in album come “Leviathan” e “Remisssion” e che anche in questo utlimo lavoro dei Nostri scalpitano ancora una volta furiosi e vigorosi. Siamo insomma davanti ad un lavoro che ormai può essere considerato ambivalente e molto ambiguo: da un lato la band è nota come una grande innovatrice, ma siccome la sua formula dal 1999 ad oggi è cambiata davvero poco, pur nella sua incendiaria intensità, “Prolapse” ormai appare un disco datato, autocitazionsita e che mostra svariati elementi di stagnazione. Dall’altro non possiamo invece rimarcare il fatto che questo genere, seppur ormai datato e inflazionato, gli American Heritage lo suonano – essendone i padri fondatori – ancora meglio di tanti altri utilizzatori più illustri, e non possiamo neanche negare di esser sollevati di vederli ancora intenti a suonare il loro vecchio, sano e lercio vorticoso prog-sludge invece di averli visti fare la triste fine melodico-commerciale dei Mastodon o dei Baroness.