7.0
- Band: AMERICAN
- Durata: 00:44:52
- Disponibile dal: 23/06/2017
- Etichetta:
- Sentient Ruin
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Black metal negli Stati Uniti fa rima con contaminazione. Una regola non scritta rispettata da un numero impressionante di band cresciute a pane, Leviathan, Wolves in the Throne Room e Xasthur (tra gli altri), a cui ovviamente anche il duo degli American si attiene in un’escalation dai toni a dir poco perversi e disturbanti. Sono passati tre anni dall’esordio “Coping with Loss” e dalla sua commistione di industrial, metallo nero, noise e sludge, e i ragazzi della Virginia decidono che è giunto il momento di interrompere questo silenzio con un’opera ancora più deviata e infettata dal rumorismo, in cui la componente umana non trova praticamente spazio e il senso di alienazione prevale su qualsiasi stimolo del reparto sensoriale. Quasi del tutto epurato dalla vena melodica che di tanto in tanto si affacciava nel suddetto “Coping…”, “Violate and Control” è il suono di un macchinario infernale che produce a ritmi incessanti strumenti di tortura; un tuffo in una pozza di stridori e visioni da incubo non troppo dissimile da un’ipotetica jam session tra Sutekh Hexen e The Body. Così, mentre lo screaming si perde sullo sfondo (al punto da renderne complicata l’individuazione), chitarra, basso e batteria si mescolano ad un’effettistica mai così assordante e corrosiva, facendo dei vari passaggi – sovente ipnotici e ripetitivi – dei piccoli calvari per le sinapsi dell’ascoltatore. Diventa difficile orientarsi, così come tenere a mente i riff (non certo numerosissimi), e questa peculiarità rappresenta sia la croce che la delizia dell’opera: alcuni, coloro i quali stravedono per le aberrazioni underground e vivono con il catalogo Crucial Blast sotto al letto, grideranno al capolavoro, mentre tutti gli altri, quelli più legati ai concetti di ortodossia e forma canzone, diranno ‘basta’ dopo la spaventosa doppietta iniziale “Visions of Great Faith”/“Necklacing”, sorta di estremizzazione stilistica dell’operato di Blut Aus Nord e di tutta la frangia più glaciale e meccanica del black metal. Opera spossante e, forse anche per questo, genuinamente affascinante.