
6.5
- Band: AMON AMARTH
- Durata: 00:52:19
- Disponibile dal: 25/03/2016
- Etichetta:
- Sony
- Distributore: Sony
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Ve lo avevamo presentato in anteprima traccia per traccia ma ora, dopo altri ascolti, è giunto il momento di tirare le conclusioni e darvi quello che per noi è il giudizio finale su “Jomsviking”, il nuovo e forse il più atteso album di sempre degli Amon Amarth. Già, perchè la band svedese negli ultimi anni è diventata uno dei più grossi gruppi metal di “fascia media”, ossia quell’insieme di band che, in quanto a notorietà, si colloca subito sotto ai vari Iron Miaden, Metallica, Black Sabbath oppure Slipknot e Avenged Sevenfold, per citare anche grosse formazioni più giovani. La progressione degli Amon Amarth è dovuta ad una formula vincente che ha avuto come principali ingredienti death metal, tematiche legate alla mitologia nordica e tanta immediatezza nei riff, nelle molte melodie di chitarra e anche nelle parti vocali. Innegabile però che negli ultimi anni il gruppo si sia spostato verso sonorità sempre più vicine al classic metal e stia progressivamante abbandonando l’irruenza degli esordi, relegando in tal modo la propria anima death metal quasi unicamente al growl del cantante Johan Hegg. E’ in questa chiave che va letto il nuovo album, un concept album basato su una drammatica storia tra un uomo e una donna ambientato tra IX e il X secolo durante l’insediamento delle popolazioni slave. Il lavoro infatti musicalmente segue in tutto e per tutto un percorso di avvicinamento a quella larghissima e soprattutto giovane fanbase che nel resto d’Europa sta apprezzando realtà classic power in forte ascesa come Sabaton o Powerwolf. Sempre più cantabili dunque i cori, melodie di chitarra molto catchy spesso rubate agli Iron Maiden ed aggressività decisamente attenuata soprattutto rispetto ai primi lavori, con buona pace per l’originalità del sound. L’opener “First Kill” potrebbe far pensare ad un disco a metà tra un “Twilight Of The Thundergod” e un “Surtur Rising”, ma presto si viene smentiti dalle successive “Wanderer” e “On A Sea Of Blood”, che spostano subito le coordinate verso quello che potremmo senza troppi problemi definire come classic power metal cantato in growl. I suoni inoltre sono estremamente nitidi, puliti e rendono il tutto decisamente accessibile anche alle orecchie meno avvezze al metal più estremo. La battagliera “One Against All”, se si escludono i cori alla Hammerfall presenti sull’efficace ritornello, è uno degli sporadici episodi dove ricompaiono ritmiche più tirate e dal sound granitico più vicino ai vecchi Amon Amarth. A conti fatti si colloca tra i pezzi migliori, assieme alla coinvolgente ed ispirata “The Way Of Vikings” e alla lunga, drammatica ed epica traccia conclusiva “Back On Northern Shores”. Il resto dei brani poco lascia al suo passaggio e purtroppo notiamo anche il basso livello compositivo di “Raise Your Horns”, un mid tempo da brindisi di gruppo con un ritornello a dir poco banale, e “A Dream That Cannot Be”, dove l’incursione della metal queen Doro Pesch al microfono non aiuta a risollevare le quotazioni di un brano dalle linee vocali non certo entusiasmanti e poco incisivo anche come riff e ritmiche. “Jomsviking” è dunque un album con alcune luci ma anche con qualche ombra di troppo, un disco che a conti fatti si assesta su un livello poco più che sifficiente grazie ad un risicato manipolo di tracce ben congegnate e con melodie che soprattutto dal vivo faranno il loro effetto. Certo gli Amon Amarth dei primi due travolgenti lavori o quelli adrenalinici, diretti e allo stesso tempo ben riconoscibili di “With Oden On Our Side” o “Twilight Of The Thundergod” qualitativamente erano tutta un’altra cosa.