7.5
- Band: AMON AMARTH
- Durata: 00:45:00
- Disponibile dal: //2002
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
Annunciati dal solito titolo alla Manowar e dalla solita copertina sobria, gli eroici svedesi Amon Amarth si ripresentano al grande pubblico con il loro quarto album. Fieri (e attualmente pressoché unici) esponenti del “viking” death metal, i nostri ci offrono nove nuovissimi brani che, pur non distaccandosi minimamente da quanto già ampiamente fatto in precedenza, sorprendono sin da subito per la freschezza delle loro melodie e per l’ottima produzione dei Berno Studios. Nitida e potentissima, ma anche “vera” e organica, la produzione è la vera marcia in più di questo disco che, grazie ovviamente all’ottimo songwriting, fa segnalare “Versus he World” come un acquisto irrinunciabile per tutti i fan della band (se vi sono piaciuti tutti i precedenti adorerete letteralmente anche questo nuovo capitolo!) e per coloro che amano l’epic metal e che, al tempo stesso, non disdegnano le sonorità estreme di cero melo-death. Tra classica scuola svedese e incedere alla Bolt Thrower, il gruppo porta avanti il suo discorso in maniera se vogliamo prevedibile, ma senza cali a livello formale. “Death In Fire” è una opener tra le migliori ascoltate di recente, ma, come vedremo, è l’intero lotto a non concedere grandi passi falsi. Bellissimi “Where Silent Gods Stand Guard” e “Across The Rainbow Bridge”, due midtempo nel classico stile Amon Amarth ma insolitamente dinamici e coinvolgenti, mentre “Thousand Years Of Oppression” colpisce per le sue melodie poste in bella evidenza. Tre brani che mettono subito a tacere coloro che sostenevano che la band non avesse già più nulla da dire. Dobbiamo ammettere di essere stati presto conquistati da questo lavoro: era da qualche tempo che gli Amon Amarth non si esprimevano su questi livelli e, fatta eccezione per la sola “Bloodshed”, i nostri letteralmente ci entusiasmano per tutto il corso dell’album, apparendo ispirati e spontanei quasi come agli esordi. Forse per qualcuno questo “Versus The World” sarà addirittura una rivelzione; per i fan più fedeli, invece, si potrebbe parlare di conferma o comunque di un’opera che non ha tantissimo da invidiare al già seminale full length di debutto “Once Sent From The Golden Hall” o agli altri capitoli della discografia. E scusate se è poco.