7.0
- Band: AMORPHIS
- Durata: 01:00:18
- Disponibile dal: 17/09/2010
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Operazione revival – sarebbe ingiusto, infatti, definirla mera trovata commerciale – per i finnici Amorphis, che dopo aver pubblicato l’anno scorso l’apprezzato “Skyforger”, si ripresentano sul mercato nel 2010 con questa sorta di compilation old-fashioned intitolata “Magic & Mayhem – Tales From The Early Years”. L’idea di ri-registrare brani vecchi con la line-up attuale e con le potenzialità degli studi di registrazione odierni non è certo una novità, ma bisogna dire che gli Amorphis hanno fatto più che bene a seguire questa prassi, in quanto il loro materiale più datato è certamente quello che è rimasto nel cuore dei fan più accaniti e quello che, in definitiva, li ha fatti uscire allo scoperto praticamente nell’immediato inizio di carriera. “The Karelian Isthmus”, “Tales From The Thousand Lakes” ed “Elegy” sono i dischi scelti dai quali estrapolare i pezzi da ri-interpretare. I classici della prima e seconda ora ci sono tutti, a cominciare da quel “Sign From The North Side” che è sicuramente l’episodio di punta e più noto tratto dal debut-album dei nostri scandinavi, targato ormai 1993. A tre anni prima risale la fondazione della band, perciò “Magic & Mayhem” arriva a festeggiare il ventennale degli Amorphis, i cui chitarristi Esa Holopainen e Tomi Koivusaari ed il batterista Jan Rechberger sono gli unici superstiti della formazione originale (ricordando però che il drummer è stato fuori dal gruppo per diversi anni, prima di rientrare per “Far From The Sun”). E’ chiaro come i brani presenti in questo album siano passati attraverso un piacevole processo di ri-arrangiamento, che però a nostro parere avrebbe potuto essere ben più massiccio, considerando la sempre viva anima progressive del combo finlandese. Tomi Joutsen è quanto mai convincente alla voce, sia che si prodighi nel suo growl profondo, sia che dia sfogo alle vocals pulite…e fa piacere accorgersi che, in “Vulgar Necrolatry” (che botta!) e in “Drowned Maid”, funga da secondo growler un redivivo Koivusaari, il cui gorgoglio è particolarissimo e inconfondibile. La produzione è l’arma migliore in dotazione al disco qui recensito, non tanto per la potenza – ovvia – ma quanto per la scelta dei suoni, con delle grassissime chitarre motosega degne dei progenitori del death svedese old-school, e basti sentire il riff iniziale di “Sign From The North Side” per goderne appieno! “Black Winter Day” e “My Kantele”, la cui nuova proposizione ricalca in pieno quella che gli Amorphis eseguono dal vivo, ovvero un mix tra la versione metallica e quella acustica, restano i brani migliori di una formazione che forse ultimamente sta diventando troppo prolifica e troppo presente ma che, indubbiamente, ha scritto pietre miliari del death metal melodico. Opera da recuperare se già avete gli originali datati, altrimenti non fate i pigri e andate prima a cercarvi i tre lavori citati più sopra. Altri vent’anni così, cari Amorphis!