9.0
- Band: AMORPHIS
- Durata: 00:44:18
- Disponibile dal: 12/07/1994
- Etichetta:
- Spinefarm
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Sin dal lontano 1992, anno di pubblicazione dell’esordio “The Karelian Isthmus”, i finnici Amorphis avevano dimostrato di avere personalità e carisma per aspirare ad un posto d’onore nell’ondata death metal che aveva fatto capolino nella penisola scandinava a partire dagli inizi degli anni novanta. In netta contrapposizione con la sete di velocità e violenza che contraddistingueva la stragrande maggioranza degli act scandinavi, gli Amorphis hanno iniziato sin dalla loro gioventù ad inserire nella loro ricetta sonora elementi all’epoca inusuali, o quantomeno atipici per una band death metal: tastiere, parti in cantato pulito e una forte componente melodica rappresentavano all’epoca molto più che un semplice pretesto per far storcere il naso alle frange più oltranziste ed estreme di death metaller. Nasce così nel 1994 “Tales From The Thousand Lakes”, molto più che una semplice rivisitazione dei contenuti del primogenito “The Karelian Isthmus” e disco che ormai a vent’anni dal proprio esordio conserva inalterata la freschezza compositiva che ha spianato la strada al successo del quintetto di Helsinki: tocca alle struggenti parti di tastiera di Kasper Mårtenson il compito di introdurci nella nuova dimensione sonora degli Amorphis, fatta di melodie malinconiche e struggenti, atmosfere eteree, ritmiche perlopiù incentrate su mid-tempo e sugli sparuti vocalizzi puliti di Ville Tuomi, relegato ad un ruolo secondario rispetto alla voce penetrante e cavernosa del chitarrista Tomi Koivusaari. L’incedere in crescendo di “Into Hiding”, contraddistinto dalla netta separazione tra le parti di chitarra ritmica di Tomi e le melodie di Esa Holopainen, nonché la quantità di stacchi e cambi di umore che infarciscono le composizioni, sono in netto contrasto con l’essenzialità del comparto ritmico, semplice ma abile nel fornire alle composizioni una solida base pulsante: la voglia di sperimentare inizia ad essere presente già nella successiva “The Castaway” dove, oltre all’onnipresenza del tappeto imbastito dalle tastiere, fanno capolino melodie dal sapore orientale ed una parte conclusiva costellata da spazi di ampio respiro e da un’ispirata parte solista. “First Doom” e “In The Beginning” giocano sul chiaroscuro che si viene a creare tra le parti più lente e quasi doom e le improvvise accelerazioni che rompono gli equilibri iniziali delle composizioni: poche le parole da spendere su una traccia come “Black Winter Day”, divenuta nel corso degli anni lo status symbol della formazione ed introdotta da un giro melodico di tastiera che si stampa in testa sin dal primo ascolto. Si rimane su livelli di assoluta eccellenza con l’incedere veloce e diretto di “Drowned Maid” e il continuo crescendo di una traccia come “Forgotten Sunrise”, dove l’inizio doomeggiante cede il passo ad un finale tutto in salita cosparso di melodie affascinanti e parti soliste avvincenti. Si chiude nel migliore dei modi con la “quasi” strumentale “To Fathers Cabin”, cosparsa dai deliranti vocalizzi di Ville Tuomi e con la spiazzante “Magic and Mayhem”, resa assolutamente geniale dagli inserti dei sampler di Kasper, contrapposti alla fisicità delle chitarre e dei profondi vocalizzi di Tomi. Qualche piccolo cenno sulle edizioni esistenti di TFTTL: la prima stampa del disco, esaurita in breve tempo, era stata pubblicata dall’etichetta finlandese Spinefarm che nel giro di poco tempo ha raggiunto un accordo per la distribuzione europea dell’album con la tedesca Nuclear Blast. Se ancora non possedete questo capolavoro cercate assolutamente di mettere le mani sull’ultima ristampa disponibile, che include anche il magnifico EP “Black Winter Day”, che rincara la dose aggiungendo tre ottime tracce aggiuntive oltre alla tutto sommato simpatica (nulla di più) cover dei Doors “Light My Fire”. “Tales From The Thousand Lakes” si conferma un album senza tempo, il classico (capo)lavoro che si ascolta sempre con piacere e che non stanca mai: se non conoscete gli Amorphis o semplicemente li avete ascoltati distrattamente nel corso della loro lunga e prolifica carriera, non esitate a concedere una chance al secondogenito dei finnici: quaranta minuti di pura magia e caos.