7.5
- Band: ANAAL NATHRAKH
- Durata: 00:32:55
- Disponibile dal: 28/09/2018
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Dal 2001 in poi, anno di uscita del debutto “The Codex Necro” del duo inglese Anaal Nathrakh, con una regolarità impressionante, i Nostri danno alle stampe un nuovo full length più o meno una volta ogni due anni. Con “A New Kind Of Horror” sono arrivati al considerevole traguardo di dieci album e, si noti bene, se dovessimo citarne uno non propriamente bello, non sapremmo quale nome fare. Con una formula che via via è divenuta sempre più consolidata, personale e distinguibile, gli Anaal Nathrakh si sono guadagnati, a suon di urla e blastbeat, un posto nei cuori degli amanti delle sonorità estreme. Il loro misto di black metal, industrial, grind e, da qualche album a questa parte, anche con ampie aperture melodiche epicheggianti, è un trademark che oggi come oggi, in una scena dove i gruppi con personalità sono merce rarissima, vale doppio. Leviamo subito gli indugi e chiariamo che “A New Kind Of Horror” non è probabilmente il loro disco più indimenticabile, ma sia ben chiaro che siamo lontani anni luce dal definirlo come ‘brutto’, perché sarebbe davvero ingeneroso. Forse se dovessimo definirlo con un aggettivo solo diremmo che è il più normale (se si considera la loro straordinarietà come acquisita). La qualità del songwriting, sebbene sia ormai da vero e proprio pilota automatico, è sempre maiuscola, e certamente toglierà la voglia ai fan del duo britannico di sentire nuovo materiale. Il disco, nella sua durata piuttosto breve (32 minuti), non nutre del benché minimo momento di cedimento, e non manca davvero niente di ciò che ogni fan vorrebbe sentire da un disco degli Anaal Nathrakh, iniziando dalle urla urticanti di Dave Hunt (al soldo: V.I.T.R.I.O.L.) che si alternano ad aperture melodiche sempre più epicheggianti, con interferenze che sfociano persino nell’heavy più classico e acuto (alla Rob Haldford dei Judas Priest, per intenderci). Ovviamente non manca un riffing di matrice black metal che ora si sporca di grind, ora – di frequente – di symphonic black. Questa volta i Nostri si concedono anche una digressione verso lidi più cadenzati: è il caso di “Forward”, l’episodio più controllato se vogliamo, nonché il più pachidermico e sperimentale con questa produzione molto elettronica e che è stato scelto peraltro proprio come singolo. Per la verità questo è l’unico brano che in qualche modo ci ha un po’ sorpreso, perché tutti gli altri sono proprio una sorta di copia carbone di quanto già detto e fatto in lungo e in largo nel corso della loro brillante carriera. Tuttavia in cotanta perfezione formale, in tale inattaccabile cattiveria, abbiamo trovato anche parecchio mestiere, molta esperienza e, come già accennato, anche un po’ di pilota automatico. Niente di male in tutto ciò e, se gli Anaal Nathrakh scrivessero altri dieci full-length di qualità come questo, non ci verrebbe da lamentarci. Come si suol dire in questi casi: squadra che vince non si cambia. Allora avanti così.