7.5
- Band: ANARKHON
- Durata: 00:53:52
- Disponibile dal: 17/03/2023
- Etichetta:
- Debemur Morti
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Considerato che la genesi degli Anarkhon risale addirittura agli ultimi anni del vecchio millennio, ci troviamo di fronte ad una carriera corposa, suddivisa abbastanza nettamente tra un passato nel death/gore meno evoluto ed una svolta invece più sofisticata ed elaborata che ha portato il trio brasiliano di San Paolo ad affrontare le avvolgenti atmosfere cosmiche basate sui suggestivi universi letterari, e non solo, creati dal maestro Lovecraft.
L’impronunciabile “Obiasot Dwybat Ptnotun” si presenta infatti come il secondo lavoro appartenente a questa fase, dopo il già promettente “Phantasmagorical Personification Of The Death Temple” di qualche anno fa, e cerca oggi di sondarne gli aspetti ancora più reconditi e misteriosi per mezzo di un death metal abissale e terremotante.
Di chiara scuola death metal infatti, è sicuramente il pesante assetto sonoro mostrato fin dalle prime battute del primo brano, sorretto da una presenza massiccia delle chitarre e dal tappeto ritmico in mano alla batteria, ma si palesa sovente un gusto più acido e misterioso che molto deve al black metal degli ultimi anni, celebrato nei numerosi arpeggi che spezzano l’assalto ribassato delle canzoni in molte occasioni. Tralasciando in maniera abbastanza evidente un qualsivoglia interesse verso un tipo di ascolto facile, gli Anarkhon si concentrano piuttosto su un atroce rituale di evocazione che si propaga costantemente, in maniera opprimente, spezzato solamente dai poco rassicuranti interventi di chitarra e destinato a collassare verso il più cupo degli universi distopici narrati dai testi.
Proprio quando si pensa di aver perso ogni possibilità di fuga dal vortice, appaiono alcuni tiepidi raggi di speranza grazie alle melodie più marcate di “The Aura of Extinction” e “Dissolution of the Firmament Through The Wrath Of Spectral Emanations”, dove si spezza la ciclicità tra ritmica ed arpeggio con degli interventi più marcati e segnanti che si imprimono sapientemente nella memoria. Si tratta però solo di un’illusione, visto che il sipario si chiude su di un ultimo capitolo ancora furioso, maligno, intento ad evocare orrori indicibili tramite bordate black/death micidiali, la materia in cui il trio sembra comunque riuscire meglio. Se voleste immaginare una visione dove le nefandezze caotiche degli Impetuous Ritual si fondano alla decadente grandezza dei Grave Miasma, dareste probabilmente le sembianze di questo incubo agli Anarkhon, ed al loro arcano parto musicale che pecca solo forse di poca vivacità dinamica, ma che conferma comunque l’ottima evoluzione intrapresa dai membri dei Power From Hell (in cui militano entrambe le menti creatrici di questo progetto)in questa loro esternazione estrema molto affascinante.