7.0
- Band: ANATHEMA
- Durata: 00:56:44
- Disponibile dal: 09/06/2014
- Etichetta:
- Kscope Music
- Distributore: Audioglobe
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Nonostante una carriera ormai lunghissima ed una discografia praticamente sterminata, fa strano pensare che, con il nuovo “Distant Satellites”, gli Anathema siano giunti ‘solamente’ al loro decimo album regolare in studio. Vogliamo infatti escludere dal susseguirsi delle pubblicazioni i due dischi che li hanno visti reinterpretare se stessi in due diversi momenti cronologici, ovvero “Hindsight” e “Falling Deeper”, da considerare staccati dal resto della corposissima storia musicale dell’oggi sestetto di Liverpool – ma ormai vagante per mezza Europa, in quanto a stabili residenze. Tralasciando anche il recente DVD “Universal”, l’ultima serie di inediti targati Anathema aveva titolo “Weather Systems”, magico contenitore di splendide canzoni ed emozioni viscerali, cupe, riflessive, ma anche tanto solari e speranzose, in perfetta antitesi con gli esordi della band, ultra-depressi e ormai completamente rimossi dal DNA. Ebbene, ci si approccia a “Distant Satellites”, presentato da una copertina che, a dire il vero, non ci dice moltissimo, con la più profonda curiosità di sapere come si siano evoluti questa volta i fratelli Cavanagh, quelli Douglas e lo ‘spaiato’ Daniel Cardoso: non ci sono moltissime sorprese, in prima battuta, in questa nuova collezione di brani, ancora incentrati sull’apparente e ricercato minimalismo di crescendo epici ed ipnotici, guidati al guinzaglio da enfatici arrangiamenti orchestrali e puntuali rintocchi di keys, pianoforte e sintetizzatori, che tendono a lasciare, ancora una volta, le chitarre in secondo piano e con mera funzione di accompagnamento (si escludano però, in merito, un paio di assoli davvero stratosferici); le voci di Vincent Cavanagh e Lee Douglas, coadiuvate in alcune occasioni dai contrafforti di Daniel, si ergono a protagoniste del platter, senza però – attenzione – quasi mai raggiungere i livelli qualitativi elevatissimi del lavoro precedente. E sia chiaro, non si sta certo discutendo sulle capacità tecniche dei due vocalist, bensì più precisamente sulla ricerca melodica delle linee vocali, per chi scrive non entusiasmanti come al solito. In breve: non c’è un pezzo che si possa paragonare, ad esempio, a quel capolavoro immenso rispondente al titolo “The Beginning And The End”, presente su “Weather Systems”; e poco o nulla che faccia commuovere e/o impressioni fin dal primo ascolto. Proseguendo con attenzione le fruizioni, poi, si riescono finalmente a percepire le esplorazioni/evoluzioni a cui gli Anathema ci hanno abituato fin dal mai dimenticato “The Silent Enigma”: oltre a riservare, lungo tutta la sua durata, una più marcata vivacità ritmica, pressoché latente nel più prossimo passato, “Distant Satellites” ci riserva una seconda parte – diciamo da “You’re Not Alone” in avanti – decisamente influenzata da pattern e strutture elettroniche, per un pugnetto di composizioni che rappresentano l’evoluzione dell’innovativa “The Storm Before The Calm”. Tra episodi anarco-acidi ed effettistici (“You’re Not Alone”), semplici intermezzi ambient ai sintetizzatori (“Firelight”) e lunghe sinfonie electro-pop-rock (la title-track e “Take Shelter”) pare quasi che i Nostri vogliano lasciare agli ascoltatori un anticipato sentore di dove potrà andare a parare, in futuro, la maturazione senza fine di questi enormi artisti totalmente scevri da paure e catalogazioni. Con una votazione forse un po’ troppo severa – ma anche spingere un 7.5 forzato non sarebbe stato giusto, a nostro avviso – certifichiamo e timbriamo di nuovo la completa libertà artistica ed il sublime spessore concettuale di musicisti nati e cresciuti per fare il loro mestiere. Solo un mezzo inchino, stavolta, ma si resta comunque ammirati.