6.0
- Band: ANATHEMA
- Durata: 00:38:58
- Disponibile dal: 05/09/2011
- Etichetta:
- Kscope Music
- Distributore: Audioglobe
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Gli Anathema ci ricascano: dopo il mezzo riuscito e mezzo no “Hindsight”, nel quale rivisitavano alcuni pezzi della loro seconda parte di carriera, in questo “Falling Deeper”, appunto, i musicisti di Liverpool sprofondano nel loro passato metallico e riesumano dalla prima metà dei Nineties diversi loro capolavori, resistenti al tempo ma soprattutto (perlomeno lo si sperava) immutabili nel tempo. Errore. E pure abbastanza grave, a nostro parere. Ci spiace scriverlo, perché consideriamo gli Anathema una formazione di altissimo livello e svariati gradini sopra la media – metallica e non. E a ben sentire, questi nove remake denotano in pieno la classe e lo stile sopraffini che hanno reso eccellenti i fratelli Cavanagh e compari negli ultimi anni: atmosfera, poesia, leggera ridondanza, malinconia, triste consapevolezza, sogno. La band cambia il vestito ai propri pargoli, ma la sostanza resta sempre quella; e c’è un incredibile trait d’union tra, ad esempio, l’immane “Crestfallen” del 1992 e la rimpicciolita “Crestfallen” del 2011, song che apre le porte di un viaggio nel passato talmente leggero e rarefatto che vent’anni volati vi parranno invece l’altroieri. Epperò, allora, perché là sotto solo una striminzita sufficienza? Perché in realtà “Falling Deeper” non dà niente a quei brani che furono, sono e resteranno perfetti nella loro originalità. Prendete “Everwake”: ci sono nuovi arrangiamenti, è stata un po’ allungata, c’è anche l’ospite di super-lusso Anneke Van Giersbergen a cantarla…ma niente, non serve a nulla; provate a rimettere sul player la traccia originale e vi accorgerete della differenza che esiste tra la commozione e il pianto a dirotto. E poi stiamo parlando di suite doom metal lunghissime e cantate da un Darren J. White ispiratissimo e dalle lyrics annichilenti per disperazione e lucidità catatonica: “Sleep In Sanity”, “Kingdom”, “We, The Gods”, “They Die”, qui al contrario vengono limitate non solo in lunghezza, ma soprattutto in significato e valore lirico, in quanto quasi completamente castrate della voce. In definitiva, ci sentiamo di salvare solo “J’Ai Fait Une Promesse” e “Sunset Of Age”, entrambe dotate di arrangiamenti sinfonici che reggono bene il tremendo confronto col passato. Ma sono i due/noni del lavoro e sinceramente ci pare poco. Ci teniamo a farlo capire: “Falling Deeper” non è brutto, è semplicemente un’idea discutibile riuscita malino ad un gruppo che comunque resta spettacolare.