7.5
- Band: ANATOMIA
- Durata: 01:08:28
- Disponibile dal: 03/11/2017
- Etichetta:
- Nuclear War Now
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È passato diverso tempo da quando gli Anatomia avevano tormentato i nostri padiglioni auricolari con “Decaying in Obscurity”, un’opera di una finezza inaspettata per tutti coloro che avevano sempre reputato il gruppo giapponese solo un semplice tributo ai maestri Autopsy. Aggiungendo le tastiere e una forte impronta horror al proprio death metal, la band era riuscita a ricavarsi una sua nicchia all’interno del panorama underground, venendo sempre più acclamata alla pari di realtà amiche come Undergang e Obliteration. Vista la separazione dalla tastierista Kaori Gutunlama, si pensava che i nipponici sarebbero almeno parzialmente tornati alle origini con questo loro atteso terzo full-length, invece il terzetto ha nuovamente cambiato le carte in tavola. In verità, l’incipit del disco è puramente votato ad un death metal rozzo e sguaiato che sembra uscito direttamente dalla penna di Chris Reifert: in questo caso, la band sembra effettivamente pronta a dimenticare gli esperimenti del recente passato per puntare tutto sulla più schietta barbarità e un approccio vicino a quello delle origini. Tuttavia, col passare dei minuti e delle tracce, l’album si fa assai più strutturato e versatile; accanto ad episodi molto lineari e orecchiabili come “Morbid Hallucination”, troviamo infatti pezzi lunghissimi come “Vanishment” ed “Uncanny Descension”, nei quali gli Anatomia riescono a spalmare sulla bellezza di nove-dieci minuti tutto un corollario di classici elementi death e digressioni doom mai così marcate e asfissianti. Non si nota un apporto di synth significativo, ma il gruppo, modulando a dovere il lavoro di chitarra, è comunque riuscito a mantenere e rivisitare la componente atmosferica di “Decaying in Obscurity” in una chiave interessante, muovendosi in una direzione tutto sommato inedita. “Cranial Obsession” difatti si rivela un’opera particolarmente densa e complessa, anche e soprattutto a partire dalla sua durata; con quasi settanta minuti, il disco si presenta come un vero e proprio monolite nerastro che spesso e volentieri riesce a scomodare parallelismi con certe sonorità funeral nel suo puntuale spingersi in trame solenni e rarefatte, queste ultime capaci persino di invocare toni depressivi. Rispetto al full precedente, i Nostri ogni tanto sembrano peccare un po’ di scarso equilibrio, soprattutto quando nel finale i registri più astratti si impossessano del songwriting dilungando di parecchio la materia di base, tuttavia, anche a fronte di qualche lungaggine gratuita, il lavoro riesce comunque a restare impresso, in ultimo svelandoci una nuova valida faccia di questa formazione ormai sempre meno underground. La lunga attesa è stata ben ricompensata.