7.0
- Band: ANCIENT
- Durata: 01:05:30
- Disponibile dal: 16/09/2016
- Etichetta:
- Soulseller Records
- Distributore: Audioglobe
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Come si dice? Chi non muore si rivede. O forse dovremmo dire ‘chi muore si rivede’ per restare coerenti con il titolo del nuovo album degli Ancient. Il vecchio Aphazel, che adesso si fa chiamare Zel e ha cambiato nuovamente patria, passando dall’Italia alla Grecia, è rimasto (discograficamente) in silenzio dal 2004, anno della pubblicazione dell’album “Night Visit”. Finalmente pronto a tornare a ruggire, il leader degli Ancient ha quindi ricostruito la band affiancandosi del fedele Dhilorz alla chitarra e al basso e togliendosi lo sfizio di far sedere alle pelli il mastodontico Nick Barker (Cradle Of Filth, Dimmu Borgir e tanti altri). Chi vi scrive ha conosciuto la formazione norvegese all’uscita di quel gioiello che risponde al nome di “The Cainian Chronicles” e ha visto Aphazel sgomitare per ritagliarsi un posto d’onore nella scena black metal degli anni ’90 ma, sfortunatamente, gli Ancient non sono mai riusciti ad imporsi definitivamente, complici anche dei lavori non sempre memorabili ed una direzione artistica altalenante. Era alta, quindi, la curiosità di sentire cosa avrebbero proposto Aphazel e soci dopo una pausa di più di un decennio. Fortunatamente il risultato finale ci toglie qualunque perplessità: “Back To The Land Of The Dead” è un album solido, ben composto, ben suonato, variegato e degno della carriera di un musicista che rimane un veterano di un certo modo di intendere il black metal. L’accoppiata composta da Aphazel e Dhilorz ci regala un riffing efficace, che non stravolge le regole del genere, ma ha il vantaggio non da poco di non sembrare stantio: la proposta degli Ancient prosegue quanto visto in “The Night Visit”, ma allo stesso tempo recupera le atmosfere del passato. Allo stesso tempo Nicholas Barker mette al servizio degli Ancient la sua professionalità, ora picchiando come un fabbro, ora giocando di mestiere con il suo stile riconoscibile. Le tredici composizioni si susseguono mantenendo un livello qualitativo di tutto rispetto, sia quando la band gioca la carta dell’immediatezza, come nel caso della title-track o della trascinante “Occlude The Gates”; sia nelle parti più mutevoli e cangianti, come l’ottima “The Empyrean Sword”, forse il brano migliore del lotto, o la lunga “Petrified By Their End”. Certo, non ci troviamo di fronte ad un lavoro epocale e forse qualche sforbiciata ad una tracklist che supera i sessanta minuti di durata avrebbe giovato e snellito l’intera opera, ma certamente possiamo salutare con favore questo valido ritorno degli Ancient.