8.0
- Band: ...AND OCEANS
- Durata: 00:47:30
- Disponibile dal: 08/05/2020
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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A quasi vent’anni di distanza dall’ultimo ‘vero’ lavoro su disco, e in modo decisamente inaspettato, ritornano gli …And Oceans. I blackster finlandesi, orfani di Kena Strömsholm alla voce (rimpiazzato da Vreth dei Finntroll) si ripropongono in un’incarnazione che esclude praticamente tutti i membri del periodo “Havoc Unit”. Avevamo lasciato la band finnica con “Cypher”, secondo album della svolta elettronica/industrial dopo i primi ottimi dischi di puro symphonic black, una svolta che aveva raccolto i favori di molta critica, ma aveva fatto storcere il naso ai fan più puristi. La curiosità su una nuova release era, quindi, molta (così come i dubbi, visto il lungo tempo trascorso), ma – appena inizia questo “Cosmic World Mother” – tutto viene spazzato via. Gli …And Oceans sono tornati e lo hanno fatto alla grande, riuscendo a rinverdire parte degli esordi sinfonici (con un ottimo Antti Simonen alla tastiera) e mantenendo gli aspetti più violenti e glaciali della componente electro/industrial. La sintesi dei due generi riesce in modo eccellente e i sei di Pietarsaari ci regalano un disco di quelli che colpisce durissimo; il già citato lavoro delle tastiere è incredibile, passando dal canonico tappeto sinfonico a inserti di synth più smaccatamente industrial. Le due chitarre di Teemu Saari e Timo Kontio creano riff dallo stampo glaciale, in perfetta sintonia con la scuola finlandese ed il drumming di Antti Simonen passa da midtempo evocativi a passaggi furiosi, quasi da drum machine. Dal punto di vista tecnico, il salto in avanti della band è notevole e, seppure manchi un po’ la voce così caratteristica di Kena, ci troviamo ad ascoltare un sostituto di tutto rispetto. Il disco parte subito al massimo e “The Dissolution Of Mind And Matter” è un concentrato di violenza inaudito, dove la melodia emerge in modo regolare senza spezzare l’effetto di distruzione. Si continua così, le tastiere emergono in modo un po’ più evidente in “Five Of Swords” e ricordano certi passaggi degli Emperor mescolati ad atmosfere distruttive alla Mgła o Uada. Vreth (qua creditato col suo vero nome, Mathias Lillmåns) riesce ad immergersi nel sound degli …And Oceans, ma dobbiamo aspettare la titletrack per risentire in modo più dominante le parti più industrial, anche se ormai sono inglobate dalla proposta piena e ricca del gruppo, quasi fossero uno strumento in più e non un sound che determina un genere. Si ha, anzi, l’impressione che vengano, di quando in quando, lasciate volutamente da sole. Ma da qua in poi non ci abbandoneranno più per il resto del disco, creando un crescendo che rende “Cosmic World Mother” uno di quegli album che non possono essere ascoltati a pezzi, ma meritano di essere goduti nella loro interezza (il passaggio tra “Oscillator Epitaph”, “In Abhorrence Upon Meadows” e “Apokatastasis” ne è un chiaro esempio). Le conclusive “One Of Light, One Of Soil” e “The Flickering Lights” dimostrano ancora la capacità di fondere le due anime dei sei blackster (il riffing iniziale della seconda, così come l’ingresso della voce sono dei piccoli capolavori) e ancora una volta la tastiera unisce sapientemente gli elementi, merito anche della produzione impeccabile di Owe Inborr, che riesce a fondere in modo così armonico un sound sempre pieno e carico.
Un ritorno graditissimo, dove tutti i musicisti riescono a profondere anni di esperienze e stili differenti e ad asservirli al sound …And Oceans. Un sound qui alla terza incarnazione, la quale, visti i risultati, non possiamo che augurarci possa diventare quella definitiva.