4.0
- Band: ANDREA TORRETTA
- Durata: 00:33:00
- Disponibile dal: //2002
Recensione di:
Loredana Miele
Raffaele Miele
Dario Crocetta
Michele Broccoletti
Arriva da Genova questo giovane chitarrista, alla seconda prova su demo dopo l’esordio nel 2002. La sua biografia ce lo presenta come un musicista cresciuto meditando su modelli quali Petrucci, Romeo, Steve Morse, Satriani, Vinnie Moore, Scott Henderson, Frank Gambale, Greg Howe e chi più ne ha più ne metta anche se, fin dalle primissime note scandite dal suo strumento, ci si ritrova immersi in un’aria che sa di Dream Theater già da lunga distanza. Il prog metal proposto, in ogni caso, rappresenta in questa prova – per chi scrive – una pessima scelta per un approccio ad un disco strumentale che, francamente, non convince praticamente in quasi nessun punto. Il lavoro di Andrea, infatti, è svolto seguendo tutti i cliché cari alla maggior parte dei chitarristi moderni di matrice metal/progressive, neanche fosse stato concepito con la precisa intenzione di sciorinare nei suoi trentatré minuti tutta la sapienza conquistata in anni di duro studio ed esercizio costante… ma il problema è quello di sempre: è a questo che deve servire la perizia tecnica di un musicista? A cosa vale raccogliere gli spunti, le scintille sprizzate via dalle corde tra un esercizio e l’altro per poi ricamare su di esse all’infinito fino a farle diventare delle variopinte matasse (che in seguito prendono spesso il nome di ‘demo’), e per giunta il cui bandolo si rinuncia a tentare di sciogliere dopo il primo tentativo? Andrea Torretta, ottimo esempio di giovane ‘chitarrismo’ dei nostri tempi, riesce a coniugare i prodotti migliori e peggiori della scena da lui seguita con una tecnica chitarristica ahinoi eccellente… ‘ahinoi’, perché la resa finale dell’opera, priva di qualsiasi gusto, purtroppo non rende alcuna giustizia all’indiscussa bravura delle sue dita. Ad ogni buon conto, la figura di John Petrucci la fa certamente da padrona tra le influenze del nostro chitarrista che, nei dodici minuti di pennate alternate, doppia cassa e scarne orchestrazioni di “Chronology Part 1” e “Chronology Part 2” (poste una dopo l’altra in apertura) e nella cover di “Universal Mind” dei Liquid Tension Experiment, rende immediatamente tributo al suo maestro con un’ottima prova tecnica, dai volumi però malamente organizzati (siamo in sede di demo, è vero, ma qui con ogni probabilità si tratta di scelte volute, specie per quanto riguarda la fastidiosa invadenza delle tastiere e della batteria), e dall’esecuzione noiosa e freddissima: due componenti essenziali nell’economia di un chitarrista (sound e feeling) qui vengono tralasciate in favore di una precisione totalmente fine a se stessa. Del resto non è un caso se è solo con fatica che si riesce ad arrivare alla fine dell’ascolto del disco nella sua totalità… L’unico episodio in cui Torretta riesce a trasmettere ‘qualcosa’ all’ascoltatore è forse “Marea”, traccia che,finalmente, sa di orizzonti lontani e la cui melodia, sostenuta dalla corposità della chitarra acustica, risulta gradevole fino a quando non entra in gioco la sua cugina elettrica a rovinare la buona idea con una mancanza di senso davvero sorprendente. Chiude tristemente il cd la rilettura di una partitura di Paganini, “Hexentantz (Danza delle streghe)”, una oscenità di shredding su base midi che il chitarrista avrebbe fatto meglio ad evitare, con buona prova di umiltà, di inserire in questo lavoro. In definitiva: crescerà la verve artistica di questo ragazzo, anche se ora ha le spalle strette? Si spera davvero di sì, poiché tanta padronanza di tecnica non può restare confinata nell’angusto perimetro tracciato dalle sei corde del proprio strumento. Per ora la sufficienza è lontana… attendiamo il giovane talento alla prossima prova.