7.0
- Band: ANGEL MARTYR
- Durata: 01:01:32
- Disponibile dal: 19/02/2021
- Etichetta:
- Iron Shield Records
- Distributore: Audioglobe
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Una sventagliata epica di power e speed. A lanciarla, dalla nostra Toscana, ci pensano gli Angel Martyr i quali, dopo il debutto targato “Black Book: Chapter One” di quattro anni fa, danno vita ad un secondo capitolo dove ancora una volta la tradizione heavy regna sovrana durante tutti gli oltre sessanta minuti previsti. Dai Manilla Road agli Iron Maiden, dai Cirith Ungol ai Running Wild, il terzetto livornese non fa mistero della propria passione nei confronti di certe sonorità ma il tutto viene esplicato in maniera schietta e personale, così da andare oltre il semplice e riduttivo copia-incolla. Una singolarità propositiva ed esecutiva che favorisce l’ascolto del qui presente “Nothing Louder Than Silence”. Un’ora abbondante gradevole e coinvolgente, frutto dell’ottimo lavoro portato a termine dai tre protagonisti degli Angel Martyr: dal mastermind, nonché chitarrista, Tiziano ‘Hammerhead’ Sbaragli, al bassista Dario ‘Rostix’ Rosteni sino al batterista Niccolò Vanni, alla sua prima apparizione in studio coi compagni toscani. Una power-formula-trio che colpisce immediata con la direttissima “Legion Of The Black Angels”: riff e ritmiche old-school su cui si staglia l’ugola eroica dello stesso Sbaragli, da headbanging assicurato. Epicità che s’innalza maestosa nella successiva “Forgotten Metal”: caratterizzato da un refrain che ben si stampa in testa, il brano vuole essere un omaggio della band proprio a Mark Shelton, leader dei Manilla Road scomparso nel 2018; pezzo carico, grintoso, tra i migliori dell’intero full-length. Si scriveva come i rimandi alle forme power-speed promosse dagli Angel Martyr coinvolgessero entrambi i continenti divisi dall’Oceano Atlantico e con “Black Twin Rising” ci si sposta in terra tedesca chiamando in causa, soprattutto nel riff portante del brano, la ciurma piratesca dei Running Wild. Brani che, come nel precedente album, rasentano una durata non indifferente (una media di sei minuti) ma che comunque, grazie ad una produzione più che buona, sono in grado di trascinare l’ascoltatore tra i meandri di questa seconda avventura narrata dal trio toscano. E se i Maiden riecheggiano nell’intrigante “Climbing The Walls Of The Abyss”, scariche speed arrivano granitiche con “Marked By The Woodblade” prima che la titletrack ci riporti sui binari dell’epic metal più classico e fulmineo. Angel Martyr che mettono il timbro definitivo alla loro seconda prova sulla lunga distanza con la conclusiva “My Name Is Legion”: dodici minuti in cui le ritmiche imposte sino a questo momento si interfacciano con uno stacco acustico in modalità “The Rime Of Ancient Mariner”, prima di una ripartenza letteralmente stampigliata di NWOBHM ad anticipare un finale dai toni onirici. Non vi sono stravolgimenti, nessuna novità del caso: con gli Angel Martyr si premia il classico, la tradizione, come detto; ma se tale riconoscimento trova questi risultati, ben venga.