7.5
- Band: ANGELUS APATRIDA
- Durata: 00:50:41
- Disponibile dal: 20/10/2023
- Etichetta:
- Century Media Records
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Gli Angelus Apatrida arrivano a quota otto, e lo fanno con un album che da una parte farà magari storcere un po’ il naso ai puristi del genere, avvicinando invece, sull’altro fronte, una buona schiera di metallari amanti di sonorità più melodiche e ariose.
Detto che i quattro di Albacete ci hanno da sempre abituati a pezzi in cui, soprattutto in sede di refrain, una certa orecchiabilità prendeva il sopravvento rispetto ad altre soluzioni più tirate e spigolose, nel qui presente “Aftermath” la thrash band iberica ha cementificato ulteriormente la prima delle due formule, realizzando un disco in cui, puntuale, la spaccatura tra il martellamento ritmico delle strofe, con il marchio storico dei Testament in bella vista (la voce di Guillermo Izquierdo in modalità Chuck Billy, in questo senso, ne è la piena testimonianza), e la pulizia dei vari ritornelli, conditi da riff ficcanti e coinvolgenti, si manifesta in toto. Una soluzione per certi versi rischiosa ma che, dopo vari ascolti, va a premiare la scelta dei quattro spagnoli, abili ad impacchettare un lavoro compatto e completo, capace di soddisfare una schiera variegata di appassionati, andando così a timbrare uno step definitivo della propria carriera ultraventennale.
Dopo l’omonimo e cupo “Angelus Apatrida” del 2021, marchiato da cima a fondo da rabbia, frustrazione e odio, rintracciabile non solo nei testi ma anche nella stessa musica, scaturita inevitabilmente dal periodo pandemico, “Aftermath” porta con sé una dose altrettanto carica di aggressività (“Rats” e “Gernika”) ma è proprio la formula globale a cambiare l’assetto strutturale e compositivo. Da “Scavenger” a “Vultures and Butterflies” è un continuo rimbalzo tra scariche telluriche e passaggi più ‘morbidi’ ed eleganti, a griffare una sontuosa altalena emotiva.
Disco di spessore, definito da una prestazione ottimale di tutti i suoi interpreti: dai fratelli Izquerdo al batterista Victor Valera, dal chitarrista David Alvarez sino ai quattro ospiti chiamati in causa durante la registrazione, sui quali, almeno inizialmente, qualche perplessità era sorta. E invece, a smentire ogni dubbio del caso, ci hanno pensato proprio loro: Jamey Jasta degli Hatebreed, Todd La Torre dei Queensrÿche, Pablo Garcia della power metal band Warcry e Sho-Hai, rapper di Saragozza. Partendo dalla cattivissima “Snob” sino ad arrivare alla già menzionata “Vultures and Butterflies”, passando per “Fire Eyes” e “What Kills Us All”, le quattro ‘ospitate’, oltre che ben riuscite, portano con sé anche quel tassello di varietà sempre ben accetto.
Con “Aftermath”, gli Angelus Apatrida sono tornati prepotentemente a sventolare la propria bandiera, come ben rappresentato dall’eccellente copertina realizzata ancora una volta dall’artista Gyula Havancsák, con la loro mole di thrash metal, ormai riconoscibile, schietta e trascinante. Non ci resta che metterci in ascolto e attenderli nei prossimi live in compagnia di Death Angel e Sacred Reich… Purtroppo non in Italia.