7.0
- Band: ANGER AT DUSK
- Durata: 00:37:10
- Disponibile dal: 18/12/2014
- Etichetta:
- Sliptrick Records
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Rabbia. Rabbia a primavera. Rabbia in inverno. Rabbia al crepuscolo. Rabbia made in Italy. Gli Anger At Dusk esordiscono con il loro primo omonimo legnoso (per musica e artwork, assolutamente degno di nota) lavoro: mazzate metalcore sui denti, articolate in strutture ritmiche sincopate e articolate da intermezzi di mash-up con altri generi: jazz, elettronica e quant’altro. In “Oblivion” si sente qualche spunto jazzistico assolutamente interessante, ma è più che altro nello spartiacque strumentale di “Beyond Serenity” che si assapora una freschezza intimista quasi spirituale e aborigena, seppure condita di effetti sonori che fluttuano nel pampottaggio sonoro, prima di ritornare alla durezza sghemba di “Drowning”, che vede la partecipazione del Destrage Ralph Salati. E se nella prima parte del disco si sente forse la parte più canonica del sound Anger At Dusk è solo nella seconda che si assapora pian piano la personalità più eclettica (e maggiormente interessante) del quintetto milanese, sempre fisso sulle architetture di Periphery ed Architects di base, per citare solo gli ultimi esempi in ordine temporale, ma più libero e aperto alla sperimentazione personale. Il debut è assolutamente degno di nota, per la produzione e il lavoro complessivo di arrangiamento e impatto, e brilla particolarmente laddove la personalità e la classe dei ragazzi prende il libero sfogo. “Fuck”,”Coward” e “Eaten Up”, tutte nella parte finale, sono infatti alcuni tra gli esempi migliori di blend progressive e di melting pot di diverse influenze, rimanendo sempre sulla botta sui denti diretta e incisiva che ci si aspetta da un prodotto del genere ma maggiormente caratterizzate verso un sentore finale che lascia un buon gusto sul palato, di quelli che potresti non dimenticare per un bel po’. Anche gli intermezzi presenti nell’album, assolutamente validi, avrebbero funzionato ancora di più se inseriti effettivamente nelle tracce stesse, acuendo la fluidità e l’omogeneità del lavoro, senza rimanere come pezzi a sé stanti divisi organicamente dal flusso sonoro, e lasciando emergere ancora di più la tecnica e il gusto di questo nuovo progetto italiano, assolutamente da non sottovalutare.