9.5
- Band: ANGRA
- Durata: 00:55:49
- Disponibile dal: 10/1993
- Etichetta:
- Rising Sun
“Angels Cry” è un disco che segna in maniera indelebile la storia del power metal e della musica dura in generale. A distanza di quasi vent’anni dalla sua uscita, non ci si può non rendere conto come questo CD, all’epoca del suo avvento sul mercato discografico, smosse le fondamenta di un intero filone della musica heavy, coinvolgendone i nomi storici (Kai Hansen in veste di proprietario degli studi siti in Amburgo, in cui questo capolavoro venne registrato, e nei panni di ospite in “Never Understand”; Dirk Schlächter sempre alla chitarra nella stessa canzone del suo compagno di band; e Alex Holzwarth protagonista alla batteria al posto di Ricardo Confessori, il quale si unì agli Angra subito dopo le registrazioni del disco e comunque presente nelle sessioni fotografiche dello stesso) e chiamandone altri – che storici lo diverranno da quel momento – alla regia, ossia Charlie Baurfeind e Sacha Paeth, menti illuminate che da dietro le quinte firmeranno le produzioni di svariati capolavori degli anni Novanta e Duemila. “Angels Cry” è, in maniera sintetica, il frutto dell’incontro di tre menti geniali che rispondono al nome di Kiko Loureiro, Rafael Bittencourt ed André Matos, tutti musicisti preparatissimi e con un gusto fuori dal comune. Se i primi due con le loro chitarre sono in grado di completarsi a vicenda, di dipingere melodie meravigliose ed intessere duelli solistici – come solo le grandi coppie di chitarristi della storia dell’heavy metal hanno saputo fare – e di mettere in pratica la lezione impartita dagli Helloween di qualche anno prima, è soprattutto grazie alle eccelse capacità di Matos come compositore ed arrangiatore che “Angels Cry” porta una ventata di aria fresca nel Vecchio Continente prima (i Nostri, pur essendo brasiliani, come abbiamo detto trasferiscono il proprio quartier generale qui in Europa e, soprattutto, si ispirano al metal del nostro continente) e nel resto del mondo poi. Sì, perchè l’allora giovanissimo musicista, fresco di studi come compositore e direttore d’orchestra, riesce con gli Angra a portare a termine la sua idea di musica iniziata qualche anno prima con i Viper: fondere massicciamente la musica sinfonico-orchestrale con la musica metal, superando, sia per quantità che in alcuni casi per qualità, tutti gli esperimenti tentati da svariati musicisti in passato. Qui le classiche cavalcate power-speed sono ingentilite da partiture sinfoniche sopraffine; il suono eterno delle chitarre acustiche cede il passo a fraseggi chitarristici intricati e riff spezzati dall’impatto devastante; la sezione ritmica, grazie all’esperienza di Holzwarth e all’abilità al basso di Luis Mariutti, detta perfettamente i tempi riuscendo in più di un episodio a mostrare le invidiabili capacità tecniche dei protagonisti. In tutto ciò, come dicevamo, sono le superbe orchestrazioni e l’ultraterrena voce di Matos ad emergere in maniera prepotente, denotando un’ugola fuori dal comune e capacità compositive da fuoriclasse. Il singer, come nel seguente “Holy Land”, sfodera la migliore prestazione della sua carriera, mentre Bittencourt e Loureiro, forti di una classe superiore e di un affiatamento come pochi, riescono a dare vita ad un lavoro chitarristico superlativo. Quello che lascia maggiormente di stucco di questo album (che non fa male ricordare essere l’esordio di una band giovanissima) è il livello davvero alto di ogni singola composizione, curata nei più minimi ed imperecettibili particolari e mai banale in qualsiasi aspetto. E’ quindi del tutto naturale che “Angels Cry” contenga al suo interno veri e propri manifesti del symphonic power metal, come la title-track, sonico turbinio di emozioni, la trascinante e vero cavallo di battaglia dal vivo “Carry On” e la raffinata “Never Understand”, da nominare per la sua bellezza intrinseca e per il suo flirtare con il progressive, aspetto che verrà ripreso ed approfondito insieme ai suoni folk e tribali, tipici della musica brasiliana, presenti in “Holy Land”. Impossibile non ricordare “Evil Warning”, gemma power-speed impreziosita da uno stacco centrale di pianoforte in stile Queen (una delle influenze principe della band in molti aspetti e soprattutto nell’uso dei cori), così come la sorprendente cover di “Wuthering Heights”, canzone dall’interpretazione proibitiva per una voce maschile, ma in cui Matos riesce, secondo chi scrive, a superare per intensità e pathos addirittura la versione originale della bravissima Kate Bush. Un disco che è sempre piacevole ed emozionante riascoltare, autentico capolavoro semplicemente destinato a rilanciare le sonorità classiche e a dare il via all’epopea del power sinfonico. La storia passa anche di qui.