8.0
- Band: ANGRA
- Durata: 01:02:35
- Disponibile dal: 14/07/1998
- Etichetta:
- Lucretia Records
- Distributore: Self
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Nella seconda metà degli anni Novanta gli Angra erano al massimo del loro successo, ma qualcosa stava iniziando ad incrinarsi. Dopo due dischi strepitosi – fondamentali per ogni amante del power metal – come “Angels Cry” e “Holy Land”, nel 1998 esce “Fireworks”, un disco di rottura in un certo senso, nonché ultimo lavoro in studio con Andrè Matos al microfono prima dello split. Sarà infatti il cantante stesso (ma anche altri membri, Kiko Loureiro in primis), una volta fuori dal gruppo, a dichiarare in varie interviste che all’interno della band c’erano forti tensioni ancor prima di iniziare i lavori su “Fireworks”. I problemi all’interno c’erano (le intenzioni di Matos erano di lasciare la band sin dalla fine dell’Holy Live tour per dedicarsi anima e corpo al progetto Virgo, insieme all’amico e produttore Sascha Paeth), eppure insieme i brasiliani hanno scelto di andare avanti – anche se i rapporti personali non erano più quelli di una volta – e realizzare questo disco, da molti considerato come un anello debole della discografia firmata Angra, da altri come un piccolo gioiello totalmente diverso dai lavori precedenti. Ed in effetti di cambiamenti ne troviamo, a partire proprio da Andrè Matos, che raffina il suo cantato in una veste più rock che metal, non spinge più le sue corde vocali come ai tempi di “Angels Cry”, ma cerca l’interpretazione, i colori, anche a costo di sacrificare forza e impatto. Lo si sente chiaramente su “Wings Of Reality” e “Petrified Eyes”, due pezzi sicuramente metal, ma non esageratamente aggressivi. La ballad “Lisbon” è probabilmente l’emblema, il simbolo dell’intero disco: sinfonica, suadente grazie alle parti di archi, struggente ed evocativa, qui gli Angra dimostrano di essere ancora in grado di scrivere grandi brani in grado di superare la prova del tempo. Alla produzione è stato chiamato Chris Tsangarides (Malmsteen, Magnum, UFO, Thin Lizzy e mille altri) e il suo tocco si sente su “Fireworks”, frizzante e pomposo, con ottimi risultati perchè il sound appare ben definito e pieno di sfumature. Non manca ovviamente l’orgoglio metal, che si trova su bordate “Metal Icarus” o la conclusiva “Speed” ad esempio. Altrettanto valide la rock ballad “Gentle Change” (meno suggestiva rispetto a “Lisbon”, ma di buonissima fattura) e “Extreme Dream”, dove gli Angra mettono in mostra il loro lato più prog. Tirando le somme, nonostante tutti i problemi interni che hanno reso difficile scrivere e pubblicare questo album, i carioca hanno chiuso in modo assai degno e molto credibile la prima fase della loro carriera, con un disco che nel bene o nel male ancora oggi viene ricordato e che, almeno per chi scrive, si assesta su livelli qualitativi decisamente buoni.