7.0
- Band: ANNIHILATOR
- Durata: 00:49:35
- Disponibile dal: 23/08/2013
- Etichetta:
- UDR Music
- Distributore: Audioglobe
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Dopo un esordio eccezionale, con due album storici come “Alice In Hell” e “Never, Neverland” che, a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta unirono pubblico e critica musicale, tributando un successo planetario alla band, gli Annihilator si persero un po’ per strada, vedendo calare – lentamente ma sistematicamente – l’interesse intorno alla band, toccando il fondo con “Remains”, disco registrato interamente da Jeff Waters con tanto di batteria elettronica programmata. Un po’ tutti, dunque, avevano messo una croce sopra il nome della band canadese, fino all’inaspettato successo degli ultimi due lavori: “Metal” ed il self-titled “Annihilator”. Ma se il primo di questi poteva essere minato dal germe di una trovata commerciale (essendo letteralmente infarcito di guest star molto di tendenza), il secondo rivelò una band in gran spolvero. C’era, dunque, molta attesa per questo nuovo “Feast”. Jeff Waters e David Padden ci portano un disco molto variegato: si parte con “Deadlock”, un pezzo di puro thrash metal che ci riporta alle origini della band, rivelandosi – forse – il momento meglio riuscito del disco. Si prosegue sulla stessa falsariga fino a “No Surrender” che, col suo groove smaccatamente metalcore, fa cambiare direzione a “Feast”, portandoci fino a “Perfect Angel Eyes”, una ballad che risulta totalmente fuori contesto, non solo nell’economia di “Feast”, ma di praticamente tutta la carriera degli Annihilator; e non è tanto per la scelta di una canzone in stile hair metal, quanto per la piattezza del pezzo in sè. Per fortuna il Jeff Waters innamorato cede subito il passo a “Demon Code” e, sopratutto, a “Fight The World”, dove i Nostri ritrovano il sound thrash che aveva aperto “Feast”. La chiusura è lasciata al mid-tempo di “One Falls, Two Rise”, pezzo dal lungo ed abbastanza interlocutorio inizio, che poi cede il passo ad un buon groove-thrash. Un disco con più luci che ombre, forse non ispirato quando il suo predecessore, ma con il classico sound degli Annihilator ben presente ed un Waters in ottima forma; è evidente anche una certa malizia da parte della band, che, nei suoi momenti più thrash, pare rivolgersi al suo pubblico europeo, mentre con quelli più groove a quello americano. Comunque, un buon disco che farà sicuramente felici i fan di Jeff Waters e che risulta piacevole e ben confezionato per tutti gli altri; fa, comunque, un immenso piacere vedere gli Annihilator riprendersi il posto che meritano. Forse, come ci ha detto lo stesso Waters, non riusciranno mai più a fare dischi come “Alice In Hell”, ma i canadesi hanno ancora molto da dire.