7.0
- Band: ANOMALIE
- Durata: 00:52:15
- Disponibile dal: 20/11/2015
- Etichetta:
- Art Of Propaganda
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Ampia la galassia dei progetti orbitanti attorno alla sempre più splendente stella degli Harakiri For The Sky. Gli Anomalie sono la creatura di Morrak, chitarrista ritmico per i concerti del combo post-black metal austriaco. Il mastermind, pur essendo un semplice sessionist nella band capitanata dal duo J.J.-M.S., fa capire in pochi minuti di avere idee di songwriting molto vicine a quelle degli autori di “Aokigahara”. Le dolcezze del post-rock, la mansuetudine di melodie toccanti e tratteggiate con il tatto riservato alle cose fragili e preziose, sono una componente essenziale nel sound di “Refugium”, giunto a distanza di nemmeno due anni dal primo full-length “Between The Light”, uscito abbastanza in sordina a gennaio 2014. Anche gli arpeggi, più o meno prolungati e più o meno tristi, rappresentano un architrave indiscussa di tutte le tracce. Il cui minutaggio e l’alternanza logica al loro interno di illanguidimenti e sezioni vivaci e turbinanti rimandano ancora una volta al fortunato filone del black atmosferico, interpretato secondo quella che oramai si potrebbe pure definire ‘scuola austriaca’. Attenzione, però: mentre uno “Stabwound”, l’ottimo disco d’esordio dei Seagrave di J.J., si avvicina tantissimo ai movimenti degli Harakiri For The Sky, gli Anomalie deviano da certe rotte preimpostate convogliando soprattutto nelle partiture di chitarra forti accenni all’extreme metal novantiano. Il suono generale delle ritmiche è abbastanza asciutto, coeso e granitico, laddove Harakiri For The Sky e Seagrave lo sfrangiano e lo seghettano per creare un piacevole effetto di confusione e sporcizia, in questo caso assente. Sia nelle parti più meditate che in quelle di forte dinamismo la commistione di riff e melodie, piuttosto che il black-gaze di ultima generazione, ricorda i primi Dark Tranquillity in versione black metal melodico, sensazione corroborata dalle rauche vocals di Marrok medesimo. Quando aggredisce sul serio, il Nostro ricalca alcune linee di Mikael Stanne negli anni giovanili, non eguagliando però il singer svedese quanto a impatto ed espressività. Interessante la piega presa dagli abbondanti interventi acustici, che in alcune occasioni riverberano la caducità perfetta degli Opeth dei primi tre dischi, aprendoci la mente ad ombrosi scenari naturalistici sepolti nel profondo della nostra memoria. Infine, pure la solista si ritaglia svolazzi in odore di metal vecchio stampo: estrapolando i brevi assoli dal contesto di partenza li si potrebbe riposizionare in un ambiente di verace metal ottantiano senza creare alcuno scompiglio. Oltre che musicista preparato, Marrok denota doti compositive già ben sviluppate, perché all’interno di “Refugium” difficilmente irrompe la noia o si ricorre a facili schemi per levarsi d’impiccio e far proseguire la musica su binari noti e arcinoti. C’è gusto, carattere e dedizione nel ritagliarsi un proprio angolino in uno dei trend del momento, distinguendosi appunto per una graffiante impronta metallica vecchia maniera che pochi colleghi del medesimo filone possono vantare. Alcune forzature vocali nei passaggi più serrati e una produzione un po’ sorda quando c’è da metterla sulla pesantezza e non sul sentimento, ci fanno rimanere leggermente indietro nella valutazione: ma pure in questo caso, come negli altri progetti di questo conclave di musicisti di stanza fra Vienna e Salisburgo (per i live è entrato in line-up il bassista degli Harakiri For The Sky, Thomas Dornig, tanto per ribadire lo spirito comunitario dei ragazzi coinvolti nelle varie realtà citate) la qualità artistica non è minimamente in discussione. Quindi, mettetevi comodi in poltrona e ascoltatevi con calma tutto quanto gravita attorno a J.J., M.S., Marrok e i loro amici: febbraio sta arrivando e qualcuno verrà finalmente a farci visita…