7.5
- Band: ANOMALIE
- Durata: 00:53:39
- Disponibile dal: 01/11/2024
- Etichetta:
- Art Of Propaganda
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Dal post-black metal dei primi tempi, all’epic metal sporcato di estremismo frequentato a partire da “Visions”, il passo per gli Anomalie è stato in fondo piuttosto breve, consentendo alla formazione austriaca una naturale transizione da esordi già efficaci, ma non così personali, alla dimensione attuale.
Una virata verso sonorità più calde, sentite e avvolte di spiritualità, cucite su misura per la vocalità del leader Marrok, tornato ad essere unico epicentro del progetto, dopo una breve stagione in cui gli Anomalie sono stati una band vera e propria – a quanto pare un assetto non conforme alle volontà del mastermind, che per il nuovo “Riverchild” si avvale solo di un altro musicista a coadiuvarlo in studio, il batterista Lukas Schlintl. Per il resto è tutto farina del suo sacco, sia nella composizione che in quanto effettivamente suonato su disco.
A tre anni da “Tranceformation”, poco pare essere cambiato sul piano stilistico, andando a rafforzare l’identità andatasi plasmando nelle opere più recenti, enfatizzando un tessuto sonoro meditabondo e sospeso, nebbioso e contemplativo. Senza per questo andare a discapito di un genuino impatto e di una forma metallica che non si limita a epos e pesantezza e sa puntare anche a tempi più spinti, in linea con un’animosità black metal tuttora presente.
Il nuovo lavoro si concentra sui contrasti, andando a mettere in dialogo un mood spirituale, dal fascino ancestrale, con la ruvida schiettezza del metal estremo nudo e puro, così che nel suo insieme “Riverchild” pare riferirsi al viking metal, genere ricordato per un uso della voce fattosi addirittura più ricco di pathos che nelle pubblicazioni antecedenti. Ispirandosi alla forza dell’acqua, dispensatrice di vita e di morte, al suo scorrere nel fiume del cuore per Marrok (il Danubio), il nuovo album si snoda assorto e avvolgente, cercando di mantenersi in equilibrio tra ricerca di misticismo e ascesi, e furia istintiva. Un po’ a emulare, nell’alternarsi di suoni e ritmi, agli stati di quiete e potenza dirompente che i corsi d’acqua possono assumere.
L’avvio sciamanico di “Mother Of Stars” – intrigante, qui come in altri punti, l’aggiunta di percussioni ad arricchire il corredo ritmico – ci sintonizza istantaneamente alle atmosfere meditative del disco, in un pezzo dove trovano spazio striscianti melodie orientaleggianti, midtempo burrascosi, dialoghi vibranti tra cori e l’arcigna voce principale, un assolo liberatorio verso il finale e, in più in generale, si percepisce un palpabile trasporto emotivo. “An Unforgiving Tide” inizia a mettere in risalto un altro tratto fondamentale del disco, ovvero l’efficacia delle sue trame acustiche: mai troppo lunghe e pervasive, danno adeguato spazio per rasserenare la mente, prima di grintose ripartenze, nel verso di assalti quadrati e dalle venature eroiche.
Gli Anomalie dosano bene tempi e suggestioni, non si perdono in tempistiche troppo dilatate, né ricorrono con insistenza ad aperture black metal eccessivamente ispide e poco intonate al carattere suggestionante di “Riverchild”.
Onestamente, le venature più torbide e legate al metal estremo sono ben gestire ma meno impattanti ed emozionali, mentre il versante legato a un verace epic metal si fa preferire. In questo gioca un ruolo importante anche la vocalità in pulito di Marrok, divenuto interprete sempre più sicuro e disinvolto, tanto che ormai lo si preferisce in questi panni, invece che nelle sue sembianze più trucide.
Gli intrecci vocali di “Heart To Beat”, assieme alla title-track, sono i vertici emotivi di un disco che, nonostante qualche momento meno elettrizzante all’altezza dei passaggi più violenti, sa avvolgere e cullare in un’atmosfera tutta sua, arcana, mistica e sottilmente magica.