6.0
- Band: ANTHENORA
- Durata: 00:54:55
- Disponibile dal: 26/03/2010
- Etichetta:
- My Graveyard Productions
- Distributore: Masterpiece
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A quattro anni dal precedente “Soulgrinder” tornano sulle scene i piemontesi Anthenora, formazione nostrana rodata che arriva alla classica prova del nove con il terzo album in carriera: come nei precedenti album della formazione si nota da subito l’attenzione riposta nel packaging del lavoro, dotato di una grafica accattivante e che sa immergere da subito l’ascoltatore nel concept storico sulla battaglia di Iwo Jima. “The Ghosts of Iwo Jima” dall’alto dei suoi cinquantacinque minuti di durata già dal primo ascolto si dimostra un osso duro per quanto riguarda l’assimilazione: sin dall’apripista “Machine-Gunner” appaiono chiare le abilità esecutive della formazione, abile nel fraseggio chitarristico con il duo Pomero/Bar e dotata di una sezione ritmica resa ancora più varia ed accattivante dalle cangianti parti di basso di Marco Castellano. L’heavy/power della formazione dà il meglio di sé nelle parti più aggressive e concitate, dove il tappeto creato dalla buona qualità dei riff si fonde alle parti più anthemiche e ricche di pathos, come la veloce apripista “Machine Gunner”, la rocciosa “The Sniper” o le corali “The Old Guard” e “A Bridge too Far”, sorrette da semplici quanto efficaci ritornelli che mettono in evidenza le buone capacità compositive della formazione. Purtroppo non tutto il lavoro viaggia sugli stessi binari qualitativi, ed in più di un’occasione ci si trova a dover far fronte a brani troppo accademici che non riescono a colpire nel segno anche dopo numerosi ascolti: la noiosa “Her Eyes”, l’insipida “Pathfinders” ed il generale appiattimento della qualità generale nelle battute centrali del lavoro non giocano sicuramente a favore di un disco dotato di buone parti strumentali, ben suonato e registrato, ma tutto sommato poco incalzante e dotato di poca personalità. Buona la performance vocale di Luigi Bonansea, singer tecnicamente preparato e dotato di buona estensione: migliorabile l’interpretazione in qualche parte forse troppo azzardata come il bridge di “The Old Guard”, dove vengono a galla tonalità non adatte all’ugola del cantante. L’ascolto procede senza troppi intoppi tra brani convincenti come la melodica “Enigma” (molto bella l’outro) ed altri che si fanno ascoltare ma che a ben vedere non riescono a rimanere impresse nella mente dell’ascoltatore: “The Ghosts of Iwo Jima” purtroppo è un disco troppo discontinuo per poter mirare a punteggi più lusinghieri, e dove buona parte delle canzoni non riesce a far breccia nel cuore dell’ascoltatore. Vista la costanza e qualità espressa dalla band nelle due decadi di presenza sulla scena, siamo sicuri che il riscatto non tarderà ad arrivare: purtroppo il momento del grande passo non sembra ancora essere arrivato. Peccato.