ANTIMATTER – The Judas Table

Pubblicato il 24/11/2015 da
voto
8.5
  • Band: ANTIMATTER
  • Durata: 00:56:20
  • Disponibile dal: 09/10/2015
  • Etichetta:
  • Prophecy Productions
  • Distributore: Audioglobe

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Tradimento. ‘Tutti si possono relazionare ad esso’ scrive il leader e compositore Mick Moss, ormai inquadrato su panorami decadenti e malinconici in ogni sua uscita discografica, dopo tutte le etichette che gli sono state affibbiate. “The Judas Table” sembra, ancor di più, riferirsi ancora più abbondantemente alle tonalità di quella piccola perla di spleen semi-acustico che era stato “Leaving Eden”, non a caso riproposto nella sua interezza pochi mesi fa in sede live. Ad aprire le danze notturne e ad introdurre sotto un cielo basso e grigio, ecco presentarsi il singolo “Black Eyed Man”, toccante e progressivo tripudio di rock atmosferico di retroterra dark che sfocia in un solo che acconpagna la suadente melodia finale. Mick Moss, cantore sempre umile e modesto, è molto spesso stato vittima di un certo tipo di dimenticanza o sottovalutazione da parte di molti, forse a causa della sua associazione agli Anathema, alla dipartita con Duncan Patterson o all’abbandono di certe sonorità più elettroniche degli esordi in favore di una vena più acustica, ma ancora una volta, con questo sesto lavoro, dimostra che la sua anima compositiva – di cui il nome Antimatter diventa lo stendardo – brilla per una comunicazione sensuale, suadente, malinconica che riesce ad entrare nella pelle dell’ascoltatore e radicarsi inesorabilmente sotto la sua pelle. Complice anche una scelta di musicisti sempre all’altezza della situazione, senza eccessi e virtuosismi che distoglierebbero dal leit motiv dei brani, anche in “The Judas Table” riscopriamo come possa essere doloroso e piacevole entrare a contatto con lo spleen esistenziale. Brani più diretti, come “Killers” e brani più meticolosamente architettati, come “Comrades”, riescono infatti a convogliare l’attenzione critica sempre sul medesimo risultato espressivo, che giunge inequivocabilmente con la forza comunicativa che solo personaggi del calibro di Moss riescono ad offrire. La sofferenza e i tradimenti personali a cui è andato incontro a livello personale riescono ad essere quasi universali e senza patetismi e scontatezze, e ad essere inquadrati in una prospettiva in cui tutti possono trovarsi come compagni di esperienza. E’ appunto “Comrades”, accompagnato dal pregevole violino di Rachel Brewster, che assurge a zenit del processo di “The Judas Table” e che riesce a proseguire lo spirito di “Leaving Eden” in tutte le sue forme migliori. Gli appoggi più distorti e propriamente metal si offrono come parte integrante del percorso Antimatter più legato a “Fear Of A Unique Identity” ed eccellono ancora con un brano portante come “Stillborn Empires”, offerto infatti come video di presentazione dell’album, in pieno stile True Detective, denotando anche un ammiccamento alle nuove tendenze di immaginario visivo. ‘Just another dream that died, in stillborn empires’: quei rapporti umani che si distruggono collassando lentamente nel tradimento, nella rinuncia e nell’anonimato, come le figure androgine unite misticamente (e con una certa meccanica espressa dalle camicie di forza) nel bacio della copertina. E se con “Little Piggy” riusciamo ancora a dondolare la testa seguendo le docili eppur profondamente animate da una forza speciale note vocali, è con “Hole” che affondiamo in quei momenti bui, accompagnati sul finale da un trip percussivo che sembra emulare quelle bellissime emozioni offerte da brani come “Solitude” dei Black Sabbath, ma sempre mantenendo un’aurea particolare che solo dischi di questa caratura possono offrire. Le partiture ritmiche sono di una semplicità disarmante eppure il tocco -sia compositivo che esecutivo- riesce a rendere il tutto non solo funzionale ma anche incredibilmente pregevole e raffinato, degno del trip hop più ispirato, del gothic rock più espressivo così come del cantautorato più autentico e poetico, incorporando a sè, seppur senza grandi grida e distorsioni, l’intera anima del metal più decadente e sofferente. “The Judas Table” è un album di spirito, forse non per tutti, data la sua intimità e malinconia, ma inequivocabilmente entusiasmante proprio per questo suo modo di trasmettere cuore, anima, forza ed onestà artistica in un modo semplice, diretto, passionale ed insieme profondo, intimo ed incredibilmente vero. ‘Too steeped in lore to make a change /Too predisposed to compensate/Stuck on the roundabout/with no idea the inside is out/So on we play…’.

TRACKLIST

  1. Black Eyed Man
  2. Killer
  3. Comrades
  4. Stillborn Empires
  5. Little Piggy
  6. Hole
  7. Can Of Worms
  8. Integrity
  9. The Judas Table
  10. Goodbye
8 commenti
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