7.5
- Band: ANTIOCH
- Durata: 00:43:25
- Disponibile dal: 27/09/2024
- Etichetta:
- Iron Shield Records
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Ѐ passato poco più di un anno dal precedente “Antioch VI – Molten Rainbow” e i canadesi tornano sul mercato con la loro settima prova da studio (il calcolo comprende anche i tre EP) preceduta dal singolo “Onward With Obliteration”, uscito in piena estate.
Rispetto al suo predecessore le novità sono praticamente inesistenti: stessa formazione a tre elementi, stessa etichetta tedesca specializzata in metallo vecchia scuola, e soprattutto stesso approccio alla musica e alla scrittura.
Questo “Gates Of Obliteration” è insomma in tutto e per tutto simile agli altri lavori del power trio originario dell’Ontario, pregi e difetti inclusi. La formula dei fratelli Jordan e Brendan Rhyno (che si occupano di tutti gli strumenti) e Nicholas Allaire (alla voce) è quella di un heavy metal dinamico, melodico e pieno di energia, che guarda inequivocabilmente agli anni ‘80, con influenze sia europee che americane: Judas Priest, Manowar, Anvil, Running Wild, Accept e Warlord, questi i primi nomi che vengono in mente ascoltando i lavori degli Antioch.
Nonostante i riferimenti stilistici siano inequivocabili, i ragazzi canadesi riescono a rileggere la lezione di questi mostri sacri dell’heavy metal in un modo che risulta quantomeno fresco e piacevole, se non originale. A questo proposito segnaliamo che la produzione sul nuovo nato risulta più potente ed incisiva rispetto al passato, sicuramente un punto a favore per questi alfieri del nuovo ‘canadian metal‘.
Le canzoni ci sono (quasi) sempre, con un buonissimo bilanciamento tra riff, assoli, melodie e ritornelli, complice un piglio anthemico che pervade quasi tutti i pezzi, che alternano momenti più rilassati ad altri ‘ad alto voltaggio’. E così “Frozen Highway” si dimostra un ottimo biglietto da visita, ritmata e dalle melodie ruffiane che guardano parecchio al metal a stelle e strisce, sicuramente uno dei pezzi più riusciti dell’album, mentre “Legend Of Tudohm” è più epica, nervosa e sugli scudi, ma altrettanto convincente.
I dolori arrivano proprio sul singolo apripista “Onward With Obliteration”, un pezzo power metal bello tirato che guarda ai Priest di “Firepower” ma mette al contempo in luce tutti i limiti della prestazione vocale di Allaire, già ben noti a chi conosce la band: per quanto indubbiamente versatile, il cantante soffre sulle note troppo alte, risultando strozzato e gracchiante, caratteristica che ha fatto inevitabilmente storcere il naso a più di un ascoltatore. E per banale che sia, va detto che evidentemente agli Antioch il risultato finale piace, dato che continuano a riproporre questo tipo di vocalità (si vedano “Understand” e la conclusiva “In The Throes Of Arcane Lust”), anche se per fortuna non si tratta di una costante, anzi.
L’altro limite della band è insito nella proposta stessa, legato a una certa ripetitività di fondo che porta alcune soluzioni a somigliarsi davvero molto (all’interno del disco come della loro discografia). Ciò detto, le canzoni sono scritte bene, costruite in modo intelligente e curate negli arrangiamenti: gli Antioch non si risparmiano e alla fine il gusto melodico e la ricchezza della proposta vincono sui difetti. “Gates of Obliteration” non sarà un capolavoro ma resta comunque un album che si ascolta più volte con piacere, testimonianza pulsante di un modo estremamente genuino di fare heavy metal.