
8.0
- Band: ANTROPOFAGUS
- Durata: 00:34:14
- Disponibile dal: 17/04/2012
- Etichetta:
- Comatose Music
- Distributore: Audioglobe
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Negli ultimi tempi il metal estremo italiano ha finalmente raggiunto un buon grado di esportabilità, prova ne è il successo che fuori dai nostri confini ha arriso a gruppi come Fleshgod Apocalypse o Hour Of Penance. Le cose non stavano esattamente così quando gli Antropofagus terrorizzavano la penisola con il loro ormai semi-leggendario debut “No Waste of Flesh” sul finire degli anni ’90. Al limite, si poteva parlare del gruppo ligure come di “culto underground”, ma, all’atto pratico, era difficile nascondere un po’ di amarezza nel vedere una realtà tanto abile relegata nelle cosiddette seconde linee, lontana da quei riflettori che meritava per via dei soliti preconcetti e di pecche a livello di distribuzione e promozione. Per nostra fortuna, gli Antropofagus hanno deciso di ridarsi una chance e di tornare sulle scene a oltre un decennio di distanza dalla pubblicazione di quella magnifica opera. Accasatisi presso la Comatose Music, etichetta statunitense che vanta già nel suo roster validi nomi come Decimation o Disfigured, i Nostri sono pronti per il cosiddetto “grande salto”. Come accennato nel track by track di alcune settimane fa, “Architecture Of Lust” ha infatti tutte le carte in regola per essere il disco della svolta: una miscela esplosiva a base di sonorità death metal made in USA tipiche degli ultimi anni, con chitarre molto arzigogolate e dal forte impatto, un lavoro di batteria tecnico e serratissimo e l’intepretazione aggressiva del nuovo frontman Tya, il quale si tiene a debita distanza da certe esasperazioni grottesche spesso caratteristiche di parte della cosiddetta scena “brutal”. In ogni episodio compare inoltre sempre un riff o una melodia che rimane presto in testa, con esiti che fanno subito pensare al bagaglio old school del chitarrista Meatgrinder. Il principale pregio di “Architecture Of Lust” va infatti rintracciato nell’indiscutibile appeal che i vari pezzi riescono a conservare, pur senza rinunciare alla pesantezza e all’impatto dei suoni. C’è tanta tecnica, c’è tanta velocità, ma larga parte della tracklist gode di strutture chiare e di momenti di facile presa, come, ad esempio, si può evincere dall’ottimo finale rallentato della title track, dall’esaltante stacco groovy nel mezzo di “Sanguinis Bestiae Solium ” o dai riff galoppanti di “Blessing Upon My Redemption”. Con “Architecture Of Lust” gli Antropofagus si riconfermano insomma come una delle più convincenti e preparate realtà del metal estremo nostrano: il loro sound si è chiaramente attualizzato, ma ispirazione e talento sono rimasti intatti.