7.5
- Band: ANTROPOFAGUS
- Durata: 00:41:31
- Disponibile dal: 28/10/2022
- Etichetta:
- Agonia Records
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Si possono dire tante cose sulla discografia degli Antropofagus, ma non che si stia facendo troppo fitta e compulsiva. Sono infatti passati ben cinque anni dall’uscita dell’ultimo “M.O.R.T.E.” – e lo stesso lasso di tempo era trascorso tra questo e il comeback album “Architecture of Lust”. Se quindi da un lato il gruppo italiano non dà mai l’idea di essere in preda a chissà quale inarrestabile furia creativa, dall’altro è evidente come questo modus operandi tutto sommato rilassato stia dando i suoi frutti, visto che a oggi non vi è un album nel repertorio che possa essere reputato scadente. Il nuovo “Origin” non fa appunto eccezione nel suo riprendere il discorso avviato con la reunion del 2009 e nel proporre un altro lotto di canzoni costantemente sferzata da una spontanea propulsività.
Continuiamo a vedere negli Antropofagus una realtà particolarmente abile nel rielaborare in chiave attuale elementi appartenenti a un bagaglio death metal classico, spingendosi nei pressi di un technical/brutal death metal che ormai fonde con insistenza spunti anni Novanta e altri prettamente Duemila. A grandi linee, il tutto può essere spesso accostato alla formula adottata dagli Hour Of Penance da diversi album a questa parte, anche se il gruppo di Meatgrinder tende a mantenere un’impronta più cupa e pesante in ampi tratti della sua proposta. Il disco si apre con una title-track che effettivamente ricorda un po’ le sonorità di “The Vile Conception”, ma poi si sviluppa attraverso ambientazioni caliginose che crescono in un flusso sempre più sinistro e ossessivo, complice anche il profondo growling del nuovo frontman Paolo Chiti (Devangelic, ex Putridity). In questo senso, risaltano decisamente episodi come “Downward the Spiral”, “While Nothingness Slithers” e “Oppressed Suffering”, pezzi pieni di strappi e saliscendi ritmici, nei quali ben si percepiscono la corrente old school e quella più moderna, perfettamente amalgamate senza cadere mai in cliché. “Origin” parte davvero alla grande e forse non riesce a mantenere la stessa solidità e tensione nella seconda metà della sua tracklist, tuttavia, guardando al finale, è d’obbligo citare gli sferraglianti clangori del singolo “Hymns of Acrimony”, in cui l’immortale lezione dei Morbid Angel viene interpretata al meglio in un midtempo memorabile.
Da band ormai scafata, gli Antropofagus riescono a suggestionare realizzando un lavoro monolitico nell’atmosfera ma dinamico nel riffing e nelle ritmiche, architettando un’esperienza che con ripetuti ascolti rivela sempre qualcosa di nuovo. “Origin” è fortemente raccomandato ai cultori del panorama death metal a tutto tondo e in particolare a coloro che in questo campo non disdegnano una certa pienezza e modernità nei suoni, i quali ovviamente ben si guardano dallo scadere in certi pastroccchi deathcore oggi tanto in voga.