6.5
- Band: ANVIL
- Durata: 00:45:52
- Disponibile dal: 26/02/2016
- Etichetta:
- SPV Records
- Distributore: Audioglobe
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Gli immarcescibili Anvil giungono più determinati che mai alla sedicesima tappa della loro lunga e travagliata carriera, vergando l’ennesima opera dalla quale emergono in superficie poche novità ma tante certezze. Anche in questa occasione segnaliamo l’ingaggio di un nuovo bassista, tale Chris Robertson, reclutato per occupare il posto vacante lasciato dal dimissionario Sal Italiano. Persino il celebre produttore Bob Marlette viene sostituito dal meno noto Martin Pfeiffer, il quale cuce con sicurezza e professionalità una veste sonora meno raffinata, ma altrettanto incisiva. Registrato nei Redhead 4 Studios a Pulheim, in Germania, “Anvil Is Anvil” si presenta come un album dal marcato sapore agrodolce, caratterizzato da alcuni episodi particolarmente felici, alternati da altri decisamente meno entusiasmanti. Non possiamo chiudere un occhio dinnanzi al maldestro autoplagio perpetrato da “Runaway Train”, la quale ricicla palesemente il riff portante di “Smokin’ Green” incisa sull’ottimo “Plugged In Permanent” nel 1996. La ridondante “Forgive Don’t Forget” e la manieristica “Up, Down, Sideway” scorrono via senza lasciare traccia ma, per nostra fortuna, l’inseparabile duo canadese, composto dall’estroso frontman Steve ‘Lips’ Kudlow e dal più pacato Robb Reiner, è ancora capace di comporre una manciata di canzoni ottimamente strutturate. “Ambushed” colpisce dritta allo stomaco per merito di un ritornello grintoso ed efficace; mentre la minacciosa “Zombie Apocalypse” rievoca con gusto e personalità l’imponente marcia dei Black Sabbath. “Daggers And Rum” è forse l’unico episodio che ci svela un lato inedito dei protagonisti, curiosamente coinvolti in un’avventura intrisa di goliardici umori pirateschi. Al contempo, gli autori mantengono i piedi ben saldi per terra, esprimendo a gran voce un parere netto nei confronti di tematiche scomode collegate alla religione (“Die For A Lie”) e alle armi da fuoco (“Gun Control”). Sebbene non ci troviamo di fronte ad un capitolo imprescindibile nella discografia dell’Incudine, siamo comunque convinti che questo lavoro sarà in grado di saziare l’appetito dei fan più incalliti.