7.0
- Band: ANVIL
- Durata: 00:45:01
- Disponibile dal: 20/06/2011
- Etichetta:
- SPV Records
- Distributore: Audioglobe
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Il Canada è sempre stata una nazione relegata ai margini del music business, nonostante da quarant’anni a questa parte continui a sfornare musicisti e compositori dalle eccelse qualità. Dalla bandiera della foglia d’acero provengono niente poco di meno che Rush, Triumph e Voivod, magnifici esempi di quanto descritto, in quanto, nella propria carriera hanno partorito una serie di dischi qualitativamente notevoli, raggiungendo in alcuni casi dei picchi clamorosi, pur rimanendo incomprensibilmente lontani dai clamori del pubblico, troppo spesso impegnato a seguire i trend musicali imposti dalle major e dalle televisioni. Le incudini capitanate dalla immarcescibile coppia Lipps/Reiner non fanno eccezione: quattordici album di verace heavy metal registrati in trent’anni di carriera intrisi di testi ironici e sessisti, senza tralasciare in alcuni casi argomenti più seri; una piccola soddisfazione ottenuta nel 1987 con l’ingresso di "Strength Of Steel" nelle posizioni basse di Billboard, ma una serie di coincidenze sfortunate hanno condannato senza appello la band a rimanere nell’ombra. Soltanto l’ottimo film biografico "Story of Anvil" uscito un paio d’anni fa ha finalmente contribuito ad accendere i riflettori nei confronti di questa scatenata ciurma, che è ritornata a calcare i palchi più prestigiosi d’Europa. Ora, a quattro anni di distanza dal precedente "This Is Thirteen", gli Anvil ritornano in pompa magna con dodici mazzate inedite che ovviamente non cambiano di una virgola le coordinate stilistiche del loro sound. "Juggernaut of Justice" è stato registrato negli Studio 606 di Dave Grohl in California con il noto produttore Bob Marlette al timone, meritevole di aver forgiato un sound scintillante ed affilato. La title track, "When Hell Breaks Loose", "Not Afraid" e "This Ride" (quest’ultima cantata dal bassista Glenn Five) rappresentano il poker d’assi del disco: quadrati guitar riff al granito violentati dai tipici assolo al vetriolo di Lips, sorretti dal puntuale e devastante drumming di Reiner. Non mancano le consuete escursioni nei territori del rock’n’roll più irriverente – passione rimarcata con orgoglio sin dall’esordio "Hard’n’Heavy" – in "On Fire" e "FuckenEh!", due episodi ideali per fare headbanging, mentre l’amore nei confronti dei Black Sabbath più monolitici viene palesato nel mid tempo "New Orleans Voodoo" e soprattutto in "Paranormal", una monolitica marcia doom vecchio stile esaltata da un atmosfera ‘creepy’ e allucinata. Curiosa l’idea di chiudere l’album con la divertente "Swing Thing", breve traccia strumentale nella quale il buon Reiner duella con una sezione di fiati di chiara matrice jazz. Va doverosamente sottolineato che l’ugola di Lips non è mai stata particolarmente virtuosa, ma anche in questa occasione conferma di reggere bene la prova del tempo, dimostrando a tutti che gli Anvil sono ritornati più agguerriti che mai reclamando il trono di certo metal classico che gli spetta da oramai troppo tempo.