6.0
- Band: APOCALYPSE
- Durata: 00:46:05
- Disponibile dal: 15/11/2024
- Etichetta:
- MiMo Sound Records
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I Bathory di Thomas ‘Quorthon’ Forsberg sono stati – e restano a tutt’oggi – tra le band più influenti del metal estremo, e se siamo qui a ripetere l’ovvio a ormai vent’anni dalla morte del loro mastermind è proprio perché questi Apocalypse arrivano per ricordarcelo con forza.
Parliamo in realtà di un progetto solista, dietro al quale si cela Erymanthon Seth (voce e chitarra dei Feralia), giovane musicista torinese che ha dato vita alla band con l’idea di tributare il proprio lavoro proprio a Quorthon.
E infatti i Bathory sono dappertutto in questo progetto, dalle pose scelte per le foto promozionali, ai titoli delle canzoni, fino ai riff di chitarra: il prolifico musicista piemontese giunge con questo “Pandaemonium” al settimo album in soli sei anni di attività, inserendo nel conto anche la raccolta di cover pubblicate come tributo esplicito al seminale gruppo di Stoccolma.
Concentrandosi sui dischi autografi, appare evidente la volontà di ispirarsi ai diversi stili che i Bathory hanno incarnato e forgiato, dal proto-black metal degli inizi al viking/pagan metal, passando persino per le sonorità thrash venate di death e groove metal di quel mezzo pasticcio che è “Requiem”, dove è tra l’altro contenuta “Apocalypse”, canzone che ha dato il nome ad un’altra (quasi) ventina di band oltre a questa.
Arriviamo così a quest’ultima uscita, con la quale Erymanthon Seth ha voluto ripetere l’esperienza fatta con il precedente “Retaliation”, registrando ai Darwood Studios di Torino per poi trasferirsi in Svezia per mixare l’album presso il MiMo Sound Studio di Stoccolma; qui ha lavorato con Mikael Moberg, che in quegli stessi studi si era occupato degli ultimi tre lavori dei Bathory.
Stilisticamente, le nuove composizioni dimostrano il tentativo di allontanarsi dall’ingombrantissimo nume tutelare, per esplorare – almeno in parte – strade diverse: ci sono inserimenti di musica classica vera e propria (l’intro è affidata ad una versione drammatica del “Praeludium In D Minor” di Bach) ed emerge, lungo tutto il disco, un certo gusto neoclassico per gli assoli, vicino a quello di un virtuoso come Yngwie Malmsteen; c’è lo zampino dei Celtic Frost in “Hanged, Drawn And Quartered”, e ci sono gli accenni più moderni di “Witchhunt”, mentre già con “Pit Of Oblivion” scivoliamo nuovamente in casa Bathory con tutte le scarpe; ancora, “Son Of Fire” sembra invece guardare prepotentemente agli Helloween degli albori, prestazione canora compresa.
E poi c’è “The Well Of Deception”, introdotta da una versione rivista e corretta dell’iconico tema de “L’Esorcista” di Mike Oldfield (ripreso magistralmente dai Possessed nell’omonimo brano che apre “Seven Churches”).
Insomma, come ci si gira si trova un’ombra, una citazione (più o meno esplicita): questo è il grande problema di questo disco e dell’intero progetto, oltre al fatto che la commistione di generi non funziona sempre benissimo: blackened thrash, gothic, metal classico e viking/pagan… C’è davvero molta carne al fuoco e il risultato finale non è sempre a fuoco e convincente.
Erymanthon Seth è sicuramente un musicista di talento e la sua dedizione alla causa dell’heavy metal è genuina e lodevole, ma al momento l’identità degli Apocalypse è ancora fragile e bisognosa di emanciparsi dagli spettri dei Padri.