7.5
- Band: APOCALYPTICA
- Durata: 00:53:57
- Disponibile dal: 17/04/2015
- Etichetta:
- Harmageddon Records
- Distributore: Audioglobe
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Gli Apocalyptica, come la storia ci insegna, sono una di quelle band che non ama seguire le regole, nè stare per troppo tempo con le mani in mano. I Nostri, da sempre, hanno ridisegnato le coordinate del cross-genere musicale, andando a mescolare con coraggio e fantasia rock, metal e musica classica. Dopo quell’opera-capolavoro che risponde al nome di “Wagner: Reloaded”, che ci ha fatto spellare le mani poco meno di un anno e mezzo fa, ritroviamo oggi i nostri violoncellisti finnici fare di nuovo capolino sulle scene, questa volta con un disco di veri inediti (il numero nove della discografia). Per questo ultimo lavoro, i Finlandesi hanno deciso di assoldare un vocalist stabile, ovvero Franky Perez (ex Scars On Broadway), il quale da al lavoro uno spirito più coeso e unitario rispetto ai precedenti full length (da “Worlds Collide” in poi, in cui i ragazzi di Helsinki hanno cominciato a servirsi di guest vocalist in maniera costante). Il caro Franky non aggiunge nulla, in termini di novità, a quanto già proposto dalla band in passato, però la sua espressività vocale e convinzione danno a questo “Shadowmaker” una mezza marcia in più rispetto al pur buono “7th Symphony”. Dopo aver schiacciato Play, un intro di grezzi violoncelli e campane gotiche ci spiana la strada verso la prima traccia, nonché primo singolo di questo “Shadowmaker”, “Cold Blood”, pezzo dal sapore gradevolmente rock, senza però rinunciare a quel gustoso appeal radiofonico al quale i Ragazzi ci hanno abituato nei tempi recenti. Con la successiva titletrack, i Nostri si divertono nello sperimentare, andando a bazzicare in diversi territori, dal gothic alla solita base thrash, da sempre costante del sound dei ragazzi, passando poi, nella parte centrale, ad un’apertura progressive sognante e volubile, il tutto incorniciato dalla splendida timbrica vocale rock/grunge del caro Mr. Perez, in quale ci ricorda il figlio bastardo di Jerry Cantrell del periodo solista. La traccia spiazza sulle prime, ma dopo qualche ascolto riesce a convincere, e a farci scoprire passaggi che prima avevamo mancato. “Slowburn” comincia con un ricco arpeggio pizzicato, il quale poi sfocia in un possente riff cadenzato, con un bel chorus ficcante quanto basta per fare del pezzo un potenziale singolo. La seguente “Hole In My Soul”, ballata dal sapore onirico, vede gli “Apo” prendersi un boccata d’ossigeno prima di spingere con la successiva “House Of Chains”, traccia che ci ricorda all’inizio un pezzo dei System Of A Down di “Toxicity”, per poi andare a richiamare gli Shinedown più inspirati. Continuiamo ancora con “Riot Lights”, un altro episodio particolarmente ritmato (strumentale) in cui i Nostri decidono di riportare le lancette dell’orologio indietro ai tempi di “Reflections”. “Sea Song (You Waded Out)” è un pezzo un po’ di mestiere, che non aggiunge niente di qualitativamente rilevante al lavoro, mentre la successiva “Till Death Do Us Part”, altro pezzo che vede il singer Perez costretto ad osservare dalla panchina, risulta uno dei momenti più alti di questo “Shadowmaker”; un pezzo opulento, maestoso nel suo incidere, ricco di passaggi vari, dove potenza e melodia si fondono in un tutt’uno. Il lavoro si conclude con “Dead Man’s Eyes”, altra suite lunga che ha il compito di chiudere il lavoro con un lunghissimo fade-out. A parte qualche momento non proprio eccelso, gli Apocalyptica dimostrano ancora una volta di essere una band che non sbaglia un colpo, capace di mutare nel corso degli anni senza mai perdere però la propria natura di musicisti classici. Un gruppo unico all’interno del panorama musicale mondiale, una garanzia costante di qualità.