7.5
- Band: ÅRABROT
- Durata: 00:38:33
- Disponibile dal: 12/09/2011
- Etichetta:
- Fysisk Format
- Distributore: Goodfellas
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Immaginate la seguente situazione. Vi svegliate legati ad una sedia in uno scantinato lurido ed ammuffito, con le luci che vanno e vengono, e liquame che cola dalle pareti, narcotizzati e confusi ma vivi. Man mano che riacquistate la vista e lucidità, vi accorgete anche anche intorno a voi è pieno di lame, seghe, cavi elettrici, flaconi di acido, forbici e ogni altro oggetto possibile e immaginabile in grado di recare dolore. Vi accorgete infine che c’è un nauseabondo odore di putrefazione e sangue e membra umane mutilate ovunque. Poi all’improvviso si spalanca la porta della stanza, e appare una figura immonda che brandisce una motosega accesa ridacchiando istericamente. Ecco, l’inizio di “Solar Anus” del misterioso duo norvegese Arabrot, “suona” più o meno così. Come un incubo consumato in una insensata macelleria. Ci si chiede come sia possibile che siamo nella Norvegia del 2011 e non nel Midwest di inizio anni Novanta. E non ci riferiamo alla casa di Jeffrey Dahmer o di Ed Gein, anche se si potrebbe benissimo fare l’allusione, ma bensì al roster della Amphetamine Reptile o della Touch And Go ai tempi d’oro, di cui gli Arabrot a questo punto sembrano i sommi celebratori. Noise rock, dunque? Ve lo abbiamo praticamente già detto, ma il discorso è tutt’altro che concluso. Dagli Scratch Acid, ai Jesus Lizard, ai Big Black, ai Killdozer, agli Hammerhead, passando per gli Unsane, i Melvins e gli Zeni Geva fino ad arrivare ai Butthole Surfers e alla immondizia più memorabile mai pubblicata dalla Load Records, “Solar Anus” è un sunto ineccepibile di quanto il noise rock sia da un lato una entità riconoscibilissima, e dall’altro quanto possa essere fottutamente pazzo e distruttivo questo genere che con il metal non ha mai voluto spartire granchè, ma che lo ha sempre rivaleggiato e sfidato sul suo stesso terreno. Come accennato in apertura, questo disco è una vera macelleria sonora. Una macchina di rumore immondo. La cosa più disgustosa che sentirete per mesi a venire. Una vera carneficina. L’influenza di tutte le band sopraccitate si sente in ogni dove, perfettamente dosata e distillata, ma mai sfacciata e scontata. Come se non bastasse, la faccenda si complica ulteriormente quando ci accorgiamo che le contaminazioni presenti in questo truculento album rompono gli argini del semplice noise rock americano, e tirano dentro altra immondizia musicale a rincarare una dose di bieco e lurido odio, già di per se insopportabile. Se le ritmiche e i tempi comatosi ricordano la distruzione glaciale e mortifera dei Godlfesh del primo omonimo album (sentite il breakdown centrale della titletrack e vedrete Justin Broadrick nelle vesti di serial killer), la delivery del tutto sconessa e spastica che si sente durante le accellerazioni ricorda paurosamente gli esordi dei Bathory o i lavori più regressi dei connazionali Darkthrone. Insomma, la parola black metal è impossibile non nominarla nel descrivere il lavoro, tanto questo è pregno di odio primordiale e completamente annichililente. Non vi rovianiamo ulteriormente la sopresa e vi invitiamo a scoprire l’orrore e la repulsione totale che sono questo album da soli, anche se titoli come “Madonna Was A Whore” e “And The Ass Had Spoken” parlano veramente da soli e lasciano poco spazio ai dubbi. “Solar Anus” è un album che fa disgustare di se stessi, perchè rende sadici. Lo strazio è l’odio che veicola infatti sono infiniti, tanto quanto il piacere che si prova al suo ascolto.