ARCH ENEMY – Blood Dynasty

Pubblicato il 24/03/2025 da
voto
7.0
  • Band: ARCH ENEMY
  • Durata: 00:42:45
  • Disponibile dal: 28/03/2025
  • Etichetta:
  • Century Media Records

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Nell’ultimo decennio gli Arch Enemy hanno visto accrescere sempre più la propria popolarità nel metal mainstream, grazie ad un trademark sonoro ormai consolidato ed immediatamente riconoscibile – una versione edulcorata del melodic death metal che fu, con una produzione iperpompata e tonnellate di melodia negli innumerevoli lick chitarristici del mastermind Michael Amott – unito ad una presenza scenica altrettanto caratteristica (se pur un po’ affettata in sede live) grazie all’innesto di Alissa White-Gluz dietro al microfono, sostituta della più ruspante Angela Gossow.
Dopo aver sublimato la formula con “Will To Power”, qualche leggero accenno di cambiamento era apparso sul precedente “Deceivers” e, a detta dell’ex Carcass, avrebbe dovuto trovare ulteriore sfogo in questo “Blood Dynasty”, dodicesimo album e quarto con Alissa.
L’opener “Dream Stealer” per la verità è il ‘solito’ singolo dei nuovi Arch Enemy post-“War Eternal” (ritmiche veloci, strofe aggressive ma non troppo, hook melodici a profusione e un gusto epico nel ritornello), ma già dalla successiva “Illuminate The Path” si sente qualcosa di nuovo, con la timbrica pulita di Alissa a guidare il ritornello di un midtempo per il resto abbastanza canonico: non una novità in senso assoluto (le voci pulite erano già apparse sporadicamente in passato) ma una gradita variazione sul tema.
Un’autentica sorpresa è invece “Vivre Libre”, rivisitazione di un vecchio brano dei Blaspheme (gruppo di culto della scena heavy metal transalpina degli anni Ottanta): un’evocativa ballad oscura resa in maniera simile all’originale (cantato in francese incluso), riuscita troppo bene per essere relegata al ruolo di bonus track per cui era inizialmente prevista, al punto da diventare la prima cover inclusa nella tracklist regolare di un disco degli Arch Enemy.
Il tentativo di variare rispetto al consueto canovaccio tutto ‘velocità e melodia’ traspare anche nell’attacco di “March Of The Miscreants”, in cui le ritmiche più quadrate e i fill meccanici del batterista Daniel Erlandsson ricordano per certi versi il concept cibernetico di “Doomsday Machine” (album che festeggia il ventesimo anniversario); allo stesso modo gli arrangiamenti nel saliscendi del ritornello di “The Pendulum” – con tanto di tastiere in primo piano suonate dallo stesso Erlandsson, co-autore di  tutte le parti strumentali insieme ad Amott – risultano più vicine agli Stratovarius di “Black Diamond” che al Gothenburg sound.
Il resto del disco viaggia viceversa sul coordinate più tradizionali: gli assoli ottantiani del guitar hero svedese – orfano di Jeff Loomis ed ora affiancato da Joey Concepcion alla chitarra ritmica – nella quasi prog “A Million Suns” e l’attacco al fulmicotone di “Don’t Look Down” rappresentano le parti più interessanti, mentre il canonico midtempo della title-track, la più rockeggiante “Paper Tiger” o la tiratissima “Liars & Thieves” nulla aggiungono a quanto già fatto sentire nel resto della discografia precedentte, pur confermando una formula vincente, già ampiamente apprezzata dal pubblico in passato.
Per una band prossima a spegnere le trenta candeline, “Blood Dynasty” rappresenta una solida conferma, con la consueta dose di mestiere e qualche leggera digressione.

 

TRACKLIST

  1. Dream Stealer
  2. Illuminate the Path
  3. March Of the Miscreants
  4. A Million Suns
  5. Don’t Look Down
  6. Presage
  7. Blood Dynasty
  8. Paper Tiger
  9. Vivre Libre
  10. The Pendulum
  11. Liars & Thieves
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