6.0
- Band: ARCH ENEMY
- Durata: 00:48:42
- Disponibile dal: 24/09/2007
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: EMI
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Sono un gruppo davvero professionale, gli Arch Enemy. Grande tecnica, produzione sempre curatissima, artwork memorabili. Qualcuno però ci spieghi per quale motivo, da almeno due album a questa parte, l’ultima cosa a cui i nostri pensano sembra essere la musica. Lasciamo perdere i primi ottimi dischi e concentriamoci sui lavori dell’era Gossow. “Wages Of Sin” era un buon album, idem “Anthems Of Rebellion”, anche se quest’ultimo era in pratica identico al suo predecessore, stilisticamente parlando. Poi è arrivato “Doomsday Machine”, platter con un paio di tracce simpatiche, ma patinatissimo, freddo e troppo macchinoso. Ora è invece il turno di questo “Rise Of The Tyrant”, che sulla carta dovrebbe recuperare la vivacità di “Wages Of Sin”. Se parliamo di assoli e finezze assortite, il paragone con quel disco regge abbastanza, visto che – complice anche il ritorno del “piccolo” Chris Amott – gli Arch Enemy qui si sono davvero sbizzarriti in materia di virtuosismi. Se però analizziamo il songwriting nel complesso, allora è forse meglio se evitiamo di scomodare tali raffronti. “Rise Of The Tyrant” infatti presenta tutto fuorchè la grinta e l’estro di quel disco. A furia di ripetersi continuamente, di prendere in prestito riff dalla grande tradizione degli anni ’80 e di semplificare al massimo le loro trame, gli Arch Enemy sono arrivati al punto di realizzare un album che non dice praticamente nulla a chi lo ascolta. Qualche brano discreto c’è – vedi “The Last Enemy”, “Revolution Begins”, la title track o “Vultures” – ma la tracklist nel suo insieme non regge il confronto con il vecchio repertorio. Michael Amott ha contribuito alla composizione di due capolavori dei Carcass e ha registrato ottime cose con gli Arch Enemy in passato… di conseguenza non riusciamo a spiegarci perchè ormai sempre più spesso venga ad ammorbarci con del materiale che potrebbe venire composto da una cover band di Maiden, Priest e Accept. Sorvolando sul growling di Angela Gossow – sempre piuttosto monotono – non avremmo poi molto in contrario ad ascoltare pezzi di metal classico, se questi ultimi fossero tutti effettivamente ben concepiti, energici e coinvolgenti. Il problema è che, al di là del genere, certi riff e soprattutto certe melodie che oggi gli Arch Enemy ci propongono sono veramente squallidi. Inoltre, ad eccezione della strumentale “Intermezzo Liberté”, non è possibile rintracciare un minimo di varietà compositiva. Sempre le solite strutture, sempre le solite evoluzioni… non prestando attenzione al display del lettore CD, succede persino che non si riesca a capire quando sia finito un brano e da quanto sia iniziato il successivo. Un gran peccato, perchè Amott è appunto sempre stato considerato un musicista talentuoso. Qualcosa deve essersi inceppata o, più semplicemente, la sua voglia di revival anni ’80 deve avere preso il sopravvento su tutto il resto, tanto da non fargli più capire che cosa sia effettivamente utile e brillante e che cosa sia ripetitivo e pleonastico. “Rise Of The Tyrant” è fondamentalmente un lavoro ordinario, che non può essere stroncato del tutto ma che al tempo stesso non può essere elogiato. Magari i fan più sfegatati riusciranno ad apprezzarlo comunque, ma è fuori discussione che gli Arch Enemy abbiano vissuto tempi migliori.