6.5
- Band: ARCHANGEL
- Durata: 00:45:18
- Disponibile dal: 25/10/2010
- Etichetta:
- Crash & Burn
- Distributore: Masterpiece
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
Senza farsi troppo suggestionare dal fatto che gli Archangel siano la prima band al mondo ad utilizzare completamente l’intonazione a 432 Hz., fatto quest’ultimo che dovrebbe garantire secondo approfonditi studi scientifici una più gradevole percezione uditiva del sound, il quarto lavoro sulla lunga distanza della band veneta si dimostra ampiamente positivo, soprattutto grazie ad un songwriting snello ma ficcante nel trovare le giuste linee melodiche. Per chi non avesse seguito le vicissitudini del quintetto nostrano, ci troviamo al cospetto di una band ritornata lo scorso anno sulle scene con “La Vogue Noire” dopo una pausa di quasi dieci anni, che si cimenta in un diabolico mix di gothic metal, dark, electro, ambient, industrial e, pur chiamando in causa i vari Depeche Mode, Zeromancer, The Kovenant e Nine Inch Nails, riesce a mantenere un briciolo di personalità. Come accennato poc’anzi la forza di “The Story Of My Immor(t)al Life” è concentrata in una serie di canzoni ben strutturate capaci di alternare una certa varietà stilistica ed emotiva passando dalle melodie ammiccanti di “Into Your Mysteria”, “Never Say Goodbye” e “Underworld”, quest’ultima impreziosita dalle female vocals di Luna, alle atmosfere ben più oscure e tese presenti in “Noir Love” o “My Erotic Ergotine”, contraddistinte dal growl ferale del leader Archangel e da un consistente muro di chitarre ben contrapposto alla massiccia base sintetica. Che la quarta opera in studio degli Archangel sia un disco da prendere in considerazione, per lo meno tra gli amanti di sonorità sufficientemente tamarre, diventa cosa certa constatando una vena compositiva che non ammette cali di tensione neppure nella gradevole riproposizione di “Sweet Harmony” dei The Beloved (l’avrete sentita tutti almeno una volta nella vita) e nel sorprendente finale garantito dall’atipica e criptica ballata a titolo “My Name Is L.”. Del prog degli esordi non resta dunque che l’anima sperimentale della band, fattore determinante di un altro piccolo ma importante passo avanti.