6.5
- Band: ARCHITECTS
- Durata: 00:41:29
- Disponibile dal: 28/05/2012
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: EMI
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Puntuale come una sassata arriva il quarto album in cinque anni per questa band di Brighton. Si potrebbe fare un parallelismo tra Architects e Bring Me The Horizon e paragonarli a quello che sono due band come Darkane e Soilwork: delle sorte di cugini. Le carriere dei due gruppi sono infatti iniziate pressapoco nello stesso periodo e parallelamente scorrono finendo molto spesso in tour insieme, riscuotendo buoni, se non ottimi consensi dal pubblico. Gli Architects, però, non avevano ricevuto un riscontro entusiastico da stampa specializzata e fan, in occasione della loro ultima release “The Here And Now”, che aveva segnato una sorta di cambio di rotta nel loro percorso musicale, facendolo virare verso lidi più accattivanti e accessibili, dando ampio spazio a clean vocals e pezzi che, in generale, risultavano molto più radio friendly. Con questo “Daybreaker” gli Architects del 2012 sembrerebbero intenzionati a ritornare sui propri passi, componendo quel disco che ci saremmo aspettati di sentire come successore di “Hollow Crown”, in un alternarsi di atmosfere drammatiche ed evocative (leggi: screamo) e riff cadenzati, sbilenchi e sincopati alla Misery Signals. Le vocals strazianti del frontman Sam Carter tornano dunque ad essere le principali protagoniste delle canzoni della band britannica che però non tralascia – sia ben chiaro – una massiccia quantità di parti melodiche, ritornelli catchy e via dicendo (elementi che, in effetti, non sono mai mancati nel loro sound). Le tracce contenute in questo platter formalmente non hanno nulla di sbagliato, anzi, in certi frangenti nutrono di una teatralità interessante. Un altro aspetto positivo di questo album che ci sentiamo di rimarcare è che, come anche per i precedenti capitoli, si tratta di un lavoro piacevole da ascoltare, ben strutturato e composto con la passione e l’entusiasmo dei giovani. E’ opinione di chi scrive però che, in questo genere, gli Architects rimangano ancora una band di “followers”, non riuscendo a trovare ad oggi una formula in grado di regalargli quel tocco di riconoscibilità in più, in grado di fargli fare il salto di qualità definitivo consegnando loro un ruolo in una scena che, nel sottogenere -core, è in grado di dare ancora buoni album e band (La Dispute). Resta da capire quale sarà il prossimo passo dei Nostri, ma visto l’andazzo degli ultimi anni non crediamo i loro fan dovranno aspettare per molto.