5.5
- Band: ARCHON ANGEL
- Durata: 00:49:53
- Disponibile dal: 14/02/2020
- Etichetta:
- Frontiers
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Nati dall’incontro tra il chitarrista Aldo Lonobile (Secret Sphere, Death SS, Edge Of Forever) e lo storico cantante Zak Stevens (Circle II Circle, Savatage), gli Archon Angel debuttano con “Fallen”, un album che prova a sintetizzare in un unico sound le anime di questi due musicisti: dall’hard rock al metal sinfonico, dal rock melodico al classico metal tra power ed heavy. L’operazione, per diversi motivi, risulta riuscita soltanto in parte.
L’ampio panorama musicale nel quale gli Archon Angel provano a muoversi rende “Fallen” un lavoro poco coeso, senza una vera misura stilistica in grado di connotare il percorso che la band ha deciso di intraprendere.
Buona parte del disco è costituita da brani estremamente vicini a un AOR elegante (sebbene irrobustito da un lavoro chitarristico di derivazione metal) sostanzialmente di buona fattura sebbene non indimenticabile: la title track, “Under The Spell” e “Who’s In The Mirror” sono pezzi sicuramente gradevoli per gli appassionati di certe sonorità. Al contempo però non mancano virate verso un sound più heavy, come in “The Serpent” e “Twilight”, o addirittura in direzione di un power sinfonico e magniloquente che ricorda i Savatage di “Edge Of Thorns”, come nella conclusiva “Return Of The Storm”.
Il collante tra queste composizioni piuttosto slegate è senza dubbio l’operato di Stevens, vittima però di una produzione decisamente poco adatta a un progetto musicale così variegato: la voce è posta al centro di un sound senza anima, collocata in modo disarmonico rispetto al resto del combo, rendendo la buona prova della fase ritmica (Yves Campion dei Nightmare al basso, Marco Lazzarini dei Secret Sphere alla batteria) del tutto secondaria e mettendo in ombra anche il lavoro di Lonobile. A questo si aggiunge che la prova di Stevens purtroppo non spicca per qualità, rimanendo sempre in una sorta di zona di comfort vocale, rendendo ogni brano – anche laddove appaiono ottime scelte compositive – un po’ troppo simile agli altri.
Quella di Stevens è una performance inaspettatamente piatta che, se sommata a scelte compositive rapsodiche e non sempre incisive, rende “Fallen” uno di quei lavori che riesce a farsi ascoltare, ma nulla di più. Un peccato, poiché un brano come “Rise” (in assoluto il migliore del lotto) dimostra che questo gruppo avrebbe potuto creare qualcosa di davvero significativo: riff tipicamente power metal ben coniugati a un groove più ottantiano, per sfociare in un eccellente ritornello quasi da arena rock. Una struttura coerente ed efficace che non si rintraccia in nessun altro momento dell’album, il quale invece finisce per snodarsi gradevolmente ma anche affannosamente tra qualche buona intuizione e diverse soluzioni insapori e ‘di mestiere’.