7.0
- Band: ARKONA (POL)
- Durata: 00:47:45
- Disponibile dal: 27/09/2024
- Etichetta:
- Debemur Morti
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Gli Arkona (da non confondere con l’omonima band russa) sono una delle realtà più longeve del metal estremo polacco e, con più di trent’anni di carriera alle spalle e sette album pubblicati, hanno sempre occupato un posto di tutto rispetto in una scena, quella black metal, che non li ha però mai visti veramente protagonisti, anche per l’ingombrante presenza di un conterraneo colosso come i Behemoth.
Iniziando con un suono violento ma parecchio atmosferico e sporcato da orchestrazioni che ben si fondevano con la parte più strettamente metal, il gruppo di Perzów si è via via avvicinato sempre più ad un black nichilista e monolitico, di forte impatto ma forse un po’ a scapito di quell’aura notturna e nebbiosa di lavori come “Imperium o il mezzo capolavoro “Zeta Reticuli”.
Con questo nuovo “Stella Pandora” i polacchi sembrano voler reintrodurre quelle caratteristiche evocative e maestose che sembravano perdute, fondendole in modo molto convincente con l’intensità e l’intransigenza di un black metal vicino per certi versi alla scuola svedese di Dark Funeral e Dawn.
Tempi quasi sempre velocissimi e asfissianti sorretti da un riffing comunque melodico, capace di plasmare un’atmosfera epica e maestosa, grazie anche e soprattutto ad un sottile ma persistente tappeto di orchestrazioni mai invadenti, il tutto aiutato da una produzione potente e pulita ma per nulla fredda e che dona la giusta dose di ruvidità.
Non si parla certo di qualcosa di clamoroso ma si deve dare atto che, nonostante alcuni momenti in cui ci si dilunga un po’ troppo oltre il dovuto, brani come “Pandora”, con il suo incedere marziale e depressivo o la drammatica cavalcata di “Elysium” non lasciano indifferenti.
In canzoni come “Prometheus” poi, la violenza di una batteria ai limiti del parossistico si scontra con delle chitarre tra le più melodiche dell’intero lavoro, lasciando una sensazione di stordimento, quasi a fare da contraltare ad “Aurora” che dimostra invece un vestito armonico estremamente dissonante e onirico.
Il momento in assoluto più alto si raggiunge con la splendida “Necropolis”, in grado di riportare alla mente i paesaggi sinfonici degli Emperor: quasi otto minuti estremamente densi in cui riff circolari si vestono di eleganti tappeti di tastiere, con un’ evoluzione strutturale atta a accumulare quella tensione che si libera nella seconda metà in cui finalmente si naviga su tempi veloci che portano ad un finale liberatorio. Un brano dalla natura estremamente narrativa che si sviluppa lungo tutta la sua durata e che DEVE assolutamente diventare il punto di partenza per un’eventuale futura evoluzione degli Arkona.
Un disco di valore questo “Stella Pandora” che, pur con qualche residuo da smussare -c’è ancora in certi punti una tendenza a voler allungare forzatamente i brani – ci regala una band in piena forma. Speriamo che sia questo finalmente il momento per la definitiva consacrazione e non l’ennesima promessa mai completamente mantenuta.