7.5
- Band: ARSIS
- Durata: 00:48:16
- Disponibile dal: 02/11/2018
- Etichetta:
- Agonia Records
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Dopo cinque anni di silenzio, il tutto fare James Malone è tornato ad imbracciare nuovamente la propria chitarra, riversando sulla folla la sua personalissima dose di riff altamente melodiosi quanto mortiferi e letali. E lo ha fatto insieme ai suoi Arsis che, con il qui presente “Visitant”, inscatolano il sesto album in carriera, il primo dopo “Unwelcome” del 2013. Nati ad inizio millennio come un’interessantissima macchina ben oliata e raffinata di technical melodic death metal, dimostrando tutto il loro valore con l’album d’esordio “A Celebration Of Guilt”; ritornano oggi, con la stessa furia d’intenti ma con qualche deviazione in altri strali metallici. Nulla di stravolgente sia chiaro, tuttavia un marchio decisamente più thrash, soprattutto nella prima parte dell’album, sembra aver leggermente armonizzato il tiro, tanto che in alcuni frangenti una sorta di timbro made in Kreator (ultimo periodo) riecheggia tra le melodie intarsiate da Malone e compagni. E, rimanendo sempre in terra teutonica, località Essen, pure la voce dello stesso James, allontanandosi un poco dagli strali del primo periodo, appare simile a quella del buon Petrozza, qui in una veste ancor più isterica e schizzata (ascoltare a tal proposito l’opener “Tricking The Gods”). Non si vogliono certamente lanciare segnali di limite artistico e compositivo, quanto piuttosto sottolineare l’ulteriore capacità di sperimentare, e se vogliamo anche di evolvere, avendo comunque sempre ben presente le radici tecniche e brutali da cui gli stessi hanno preso ispirazione.Fondamenta ben espresse in brani più spediti e ferali come “As Deep As Your Flesh” e la successiva “A Pulse Keeping Time With The Dark”.
Passato e presente che si prendono quindi a braccetto per quella che, a conti fatti, è una vera e propria rasoiata letale on your face, come dimostra perfettamente la cover del nuovo full-length. Due teschi ed uno scheletro letteralmente scorticati, deflagrati, spazzati via. Ed è un po’ quello che accade alle nostre orecchie quando, dopo la destabilizzante “Funereal Might”, vengono malignamente stuzzicate dalle note inferte dal duo Mason/Brandon Ellis (già chitarrista dei Black Dahlia Murder) in occasione di “Death Wow”, sicuramente uno dei pezzi migliori dell’intero lotto con le sue trame diaboliche e mordaci, mentre lo scream dell’ormai calvo James sferza l’aria al limite della cattiveria horrorifica. E se con “Dead Is Better” prende maggiormente piede l’orecchiabilità di un thrash più moderno e cadenzato, “Unto The Knife” ci riporta leggiadri a lidi sonori più articolati ed enigmatici, a conferma del movimento ‘arsis and thesis’ (la contrapposizione tra note accentate, o stressate, e non) da cui la band ha preso nome. A chiudere questo portale di schizofrenica soavità musicale ci pensa una simpatica cover di “His Eyes”, brano inciso nel 1984 dal gruppo new wave australiano degli Pseudo Echo che, tra le altre cose, entrò nella colonna sonora del quinto capitolo di “Venerdì 13: Il Terrore Continua”. Insomma, una degna conclusione per un altrettanto importante ritorno di una band che, pur non raggiungendo picchi compositivi e di fama, ha saputo ritagliarsi un significativo spazio all’interno dell’intricato quanto affascinante mondo del death metal più tecnico e melodico.