ÁRSTÍÐIR LÍFSINS – Aldrlock

Pubblicato il 11/06/2024 da
voto
8.5
  • Band: ÁRSTÍÐIR LÍFSIN
  • Durata: 01:24:00
  • Disponibile dal: 31/03/2024
  • Etichetta:
  • Ván Records

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Nella Storia umana non esistono vere ‘ere di mezzo’. Le epoche di passaggio sono tali solo per convenzione, perché usiamo grandi eventi o macrofenomeni come punti di riferimento per orientarci nel tempo in modo analogo a quello che facciamo con gli oggetti nello spazio. La verità è che la vita scorre senza soluzione di continuità, sia essa quella degli individui o di interi gruppi sociali.
Eppure, dei momenti in cui si avverte che qualcosa si sta trasformando ci sono – momenti in cui entra in scena un elemento nuovo, in cui un fatto o un’idea imprimono al fiume dell’esistenza una curva o una deviazione. Uno di questi elementi, per la Storia occidentale, è senza dubbio il Cristianesimo e forse per questo, per il potere trasformativo che ha esercitato sulle civiltà europee e per la sua capacità di condizionare il pensiero e gli eventi, è ancora oggetto di riflessione a vari livelli. Non ultimo quello artistico, come è arcinoto a chiunque si sia accostato al metal almeno una volta in vita sua.
Ed è proprio qui che possiamo far entrare in scena il nuovo album degli Árstíðir Lífsins, “Aldrlock”, che racconta il crepuscolo del paganesimo e delle tradizioni dell’Islanda pre-cristiana all’indomani della conversione dell’isola al culto di Gesù di Nazareth. La cristianizzazione islandese, generalmente datata tra il 999 e il 1000, fu una questione di natura essenzialmente politica ma ebbe un impatto significativo sia sulla società, che sulle vite dei singoli. In questa cornice, “Aldrlock” (che significa ‘morte di un’epoca’ in proto-norreno, lingua prediletta dalla combo tedesco-islandese per le proprie narrazioni) mette in scena una storia immaginaria, ma rappresentativa delle profonde metamorfosi in atto.
Il linguaggio con cui gli Árstíðir Lífsins si esprimono in questo nuovo lavoro è in continuità con quello degli album precedenti: ancora una volta, siamo davanti a una vera e propria epopea musicale che mescola elementi del pagan ritualistico di band come Heilung e Wardruna a stilemi black di matrice contemporanea, difficilmente riferibili ad una sola scuola.
Questa formula trova però in “Aldrlock” una dirompenza che non si può definire se non cinematografica, quasi visibile oltre che udibile, in cui i brani si susseguono come scene di un kolossal a tema storico. C’è qualcosa di perfino operistico, in questi ottantadue minuti di musica, non tanto per le soluzioni compositive quanto per la portata quasi drammaturgica dell’album nel suo insieme.
Sarebbe controproducente, oltre che complicatissimo, spiegare com’è l’ascolto di “Aldrlock” passando per i singoli pezzi, non solo perché già ricordarsi un titolo è un’impresa, ma perché il disco non sembra proprio pensato per essere fruito come una collezione di canzoni: proprio come un film, va inteso come un unico flusso e seguito dall’inizio alla fine, lasciando che la ‘regia’ degli Árstíðir Lífsins ci guidi attraverso le vicende misteriose di personaggi di cui non capiremo nulla di preciso, dei cui dialoghi non ci sarà concesso di intendere una parola, ma di cui, alla fine, avremo condiviso sentimenti e angosce comunicate attraverso la musica con una potenza che supera qualsiasi barriera linguistica.
Il songwriting ricercato e al tempo stesso diretto, gli arrangiamenti sontuosi, le strutture avvincenti dei pezzi coinvolgono profondamente l’ascoltatore, immergendolo in un mondo evocato con straordinaria vividezza. Sezioni dal sapore primordiale, intessute di vocalizzi gutturali o scandite da cori marziali (se conoscete il compositore danese Danheim, apprezzerete), si riversano in digressioni smaccatamente black su cui soffiano venti che arrivano tanto da Varsavia quanto da Portland; per poi dipanarsi in tappeti sonori su cui incedono i recitativi tragici di una voce baritonale, o aprirsi in refrain di chitarra così emozionanti da far vibrare lo stomaco.
Come sempre, c’è qualcosa di epico, aristocratico e arcaico nella proposta degli Árstíðir Lífsins, che in questo album scurissimo brilla come non mai, impreziosita dallo scintillio di mille dettagli – gli interventi degli archi, le chiusure dissonanti, le marce quasi funebri che diventano passi di danza.
L’EP “Hermalausaz”, uscito neanche sei mesi fa, ci aveva lasciati con grandi aspettative per questa nuova prova sulla lunga distanza, e ci sentiamo di dire che le nostre attese sono state pienamente soddisfatte: gli Árstíðir Lífsins hanno segnato un centro perfetto, offrendoci quella che senza dubbio è una delle uscite black metal più ambiziose e riuscite dell’anno.

 

TRACKLIST

  1. Hvítir hjǫrvar Heimdalls aldraðra fjallgylða
  2. Stormr, hvítundit grand grundar gjálfrs
  3. Er faðir kulda ok myrkrs hopar fyrir endalausum vegi Ránar
  4. Eftir bjartlogar hróts hreggs kveikja ógnarstríðan úlf storðar í grasinu
  5. Nú er lengstu miskunndir dalreyðar ná hátindi
  6. Nauð greyprs élreka
  7. Ek sneri aftr til golfhǫlkvis fleygra sárelda heiftar
  8. Fyrsta fǫnnin fellr úr hátunnu regns
  9. Ofsaveðrsgnýr ber auma bústaði
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