7.5
- Band: ARTIFICIAL BRAIN
- Durata: 00:47:45
- Disponibile dal: 21/04/2017
- Etichetta:
- Profound Lore
- Distributore: Audioglobe
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La tecnica, specie in campo death metal, rappresenta da sempre un’arma da taglio. Carburante per il raggiungimento di obiettivi altrimenti impensabili (basti pensare a quanto fatto da gente come Atheist, Death e Gorguts), oppure zavorra in grado di snaturare l’essenza stessa del genere, confondendo la complessità con l’onanismo e la ferocia con un eccessivo senso di freddezza. Senza mai mostrare completamente il fianco a certi difetti, è innegabile come la prima prova sulla lunga distanza degli Artificial Brain, quel “Labyrinth Constellation” licenziato nel febbraio 2014 dalla sempre più rispettata Profound Lore, ricorresse un po’ troppo a soluzioni arzigogolate e contorte che, se da un lato ben si sposavano al concept alieno della band, dall’altro ne limitavano la comunicabilità e il livello di presa sul pubblico, riducendo alcuni episodi a pura e semplice ‘musica per secchioni’. Ebbene, a tre anni di distanza dalla suddetta opera (lasso di tempo contraddistinto da una notevole attività live negli Stati Uniti) siamo qui per constatare diverse migliorie sul fronte del songwriting e sulla capacità dei Nostri di infondere sentimento nei loro nuovi brani, i quali – pur rimanendo distanti anni luce dai concetti di orecchiabilità e linearità – non si configurano più come un groviglio inestricabile di chitarre e ritmiche spastiche, ma come la giusta via di mezzo tra l’approccio ultra tecnico di Ulcerate e Deathspell Omega, la sensibilità di certo ‘post’ metal e la compattezza dei classici dei Nineties. Un disco come “Nespithe” resta molto più che una semplice suggestione per il quintetto di Long Island (si pensi alle contorsioni del guitar work o alle vocals del frontman Will Smith, così inumane e gorgoglianti da sembrare frutto di una creatura extraterrestre), mentre si fanno sempre più preponderanti gli elementi moderni e/o esterni alla sfera death metal, con arpeggi, giochi di chiaroscuro e progressioni ritmiche – sovente scandite da linee di basso a dir poco funamboliche – presi di peso dal catalogo più avanguardistico e ‘cerebrale’ dell’etichetta di Chris Bruni. Una miscela che sulla carta, ancora una volta, potrebbe risultare leggermente indigesta, ma che nella pratica si traduce in composizioni fluide e perfettamente costruite, in cui anche la melodia riesce a farsi largo dallo sfondo per striare di rossastro la coltre grigio cenere della tracklist, tradendo così la natura umana di questi fenomeni dello strumento. Il consiglio? Premete il tasto ‘play’, immergetevi nell’universo di cyborg e supernove descritto in episodi come “Floating in Delirium”, “Synthesized Instinct” e “Ash Eclipse” e preparatevi a circa tre quarti d’ora di ottima musica estrema, rigorosamente evoluta.