6.0
- Band: AS I LAY DYING
- Durata: 00:42:46
- Disponibile dal: 24/09/2012
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Sony
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Il nuovo album degli As I Lay Dying appare a tratti come un classico disco “di maniera”, in cui il gruppo si cimenta nella gamma di soluzioni ad esso cara, cercando ovviamente di dare un adeguato saggio delle proprie capacità, ma senza correre rischi o entusiasmare. Un catalogo di espressioni che va dall’ormai tipico riffing thrash-death tecnico e tagliente (almeno per gli standard abituali del genere) a corposità mosh recuperate dagli esordi, passando attraverso orecchiabilità e facilonerie emo – e persino pop – per ritornare quindi a qualche apertura classic metal in odore di Maiden. Di tutto e di più, quindi, con i testi dominati da un’attitudine positiva, quando non esplicitamente “cristiana”, ampiamente prevista viste le dichiarazioni con cui il gruppo spesso si presenta. Ambivalente l’esito: da un lato la cura con cui il quintetto arrangia questo a volte vorticoso mutare di paesaggi musicali costituisce la maggiore prova delle sue abilità; dall’altro, proprio questo susseguirsi di situazioni diverse l’una dall’altra, a volte dà al disco un senso di frammentarietà e di scarsa maturità, facendolo quasi apparire come una sequenza di ardite manovre per tenere il cosiddetto piede in due scarpe. Purtroppo, da quando è stato reclutato il cantante/bassista Josh Gilbert, il materiale degli As I Lay Dying ha perso non poca coesione nel tentativo – spesso disperato – di ritagliare uno spazio per le sue clean vocals in ogni singolo episodio. Su “Awakened” il Nostro compare per la prima volta lungo tutta la tracklist, aprendo enfatici squarci emo-tivi anche nei pezzi più brutali e doppiando spesso e volentieri il cantato arcigno di Tim Lambesis, al fine di ingentilirlo e di rendere la proposta più malleabile e fruibile per il grande pubblico. Se a livello di trame sonore i Nostri danno prova di essere musicisti capaci, lo stesso non si può quindi dire per il comparto vocale: quest’ultimo manca spessissimo di una direzione decisa; quando poi l’apertura ariosa si rivela potenzialmente azzeccata, Gilbert più volte mortifica il tutto con un timbro bambinesco che oggettivamente non può non suscitare un minimo di ilarità quando rintracciato su certe basi musicali. Insomma, al sesto full-length della loro discografia, i californiani continuano a convincere quando si tratta di dare sfogo ai loro istinti metallici, mentre in tema di melodia dimostrano di essere ancora una volta lontani dalla piena maturità. Le agili transizioni tra pieni e vuoti e l’espressività di una band come i Killswitch Engage – anche nei loro momenti più radiofonici – costituiscono tuttora un miraggio per Lambesis e soci, come ben esemplifica una terrificante “My Only Home”. Vendite e responsi danno – e probabilmente daranno – loro ragione, ma quasi esclusivamente tra le frange di pubblico più giovani e volubili.