7.0
- Band: AS I LAY DYING
- Durata: 00:45:11
- Disponibile dal: 15/11/2024
- Etichetta:
- Napalm Records
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Ormai gli As I Lay Dying sono un po’ lo zimbello della scena metalcore, con un Tim Lambesis diventato praticamente insostenibile sotto il punto di vista umano: dopo aver sconfessato la sua fede cristiana, esser stato condannato per il tentato omicidio della ex moglie, aver mandato in crash internet riuscendo a mettere in piedi (per poco tempo) una reunion efficace… eccolo cascarci di nuovo.
Non sappiamo cosa sia successo e forse non lo sapremo mai, ma, a poche settimane dalla pubblicazione dell’ottavo disco in studio, l’ottima formazione che il frontman culturista aveva messo in piedi, come sostituta di quella storica, ha abbandonato la nave citando gravi fratture morali. Anche il compagno di lunga data Phil Sgrosso, chitarrista e unico sopravvissuto all’esodo della formazione originale, ha questa volta interrotto i rapporti con Lambesis, lasciando come testamento questo “Through Storms Ahead” orfano di quasi tutti i suoi padri.
Come spesso avviene ultimamente, la pubblicazione del disco è stata anticipata da diverse uscite, a partire da “Burden” e “The Cave We Fear to Enter” a metà 2024; sono arrivate dopo l’estate “We Are the Dead”, in team con la coppia di cantanti deathcore Tom Barber (Chelsea Grin, Darko US) e Alex Terrible (Slaughter To Prevail), e la più recente “Whitewashed Tomb” ad introdurre il disco vero e proprio.
Tra tutte le canzoni che già conosciamo è “The Cave…” quella a rappresentare di più la raccolta: il metalcore melodico degli AILD è prodotto in maniera cristallina, offre molti riflettori ai ricami chitarristici di Sgrosso, ha i ruggiti di Lambesis che convincono sempre, con la formula che la stessa band ha aiutato a codificare, ma in questo caso vengono offerti anche tantissimi spazi al melodico di Ryan Neff, bassista e cantante proveniente dai Miss May I.
I ritornelli acuti ed intrisi di speranza di Neff, riproposti nella più classica alternanza con la strofa urlata, sono un toccasana sia per le effettive capacità vocali del bassista (che riesce a fare meglio anche dell’ex Josh Gilbert) sia per il contrasto con una produzione più robusta del solito, che ne amplifica la spinta. E’ suo il contributo più grande in questo nuovo capitolo, ed è proprio lui a spostare l’asta verso similitudini proprio con i Miss May I.
Si fa notare anche Ken Susi, che con le sue dita veloci regala una prestazione da Serie A infondendo con l’ex socio (il batterista Nick Pierce) quella solidità granitica che hanno sempre avuto gli Unearth.
Oltre ad essere un buon disco di metalcore melodico/NWOAHM, “Through Storms Ahead” regala anche variazioni inattese, come l’ottimismo di “Permanence” e il flirt col deathcore della già citata “We Are the Dead”, rendendo l’ascolto anche più vario e frizzante rispetto al predecessore, anche se l’inclinazione ai ritornelli facili può effettivamente dar fastidio dopo un po’.
Scellerato, immorale, indifendibile come essere umano, pessimo ed intollerabile come leader: eppure, ancora una volta, Tim Lambesis riesce contro ogni aspettativa a dar vita ad una masterclass di metalcore che farà felici tutti gli amanti del genere e del gruppo, o almeno quelli che non lo abbandoneranno a prescindere.
Perché, prima o poi, il limite è oltrepassato per tutti.