8.0
- Band: ASHENSPIRE
- Durata: 00:43:58
- Disponibile dal: 15/07/2022
- Etichetta:
- Aural Music
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Avevamo fatto la conoscenza degli scozzesi Ashenspire nel 2017, all’epoca del loro debutto “Speak Not Of The Laudanum Quandary”. Questo strano ensemble ci aveva colpito con una formula molto interessante per quanto non immediata: fortemente influenzati da formazioni avantgarde come A Forest Of Stars o Vulture Industries, Alasdair Dunn e compagni avevano dato vita ad un lavoro dalla molteplici sfumature, abile nell’unire black metal, teatralità, pennellate jazz ed un inusuale stile di canto chiamato ‘sprechgesang’, una sorta di ibrido tra il canto vero e proprio ed il recitato, che caratterizzava l’intera opera. In sede di recensione, pur apprezzando molto lo stile e la proposta degli Ashenspire, non avevamo potuto promuoverli a pieni voti, per via di una certa mancanza di equilibrio: a fronte di un cantato invasato e teatrale, gli arrangiamenti non riuscivano sempre a fare da contraltare, imboccando una strada fatta di composizioni molto lunghe e strutture complesse fino al parossismo.
E’ con grande piacere, dunque, che ci siamo trovati tra le mani questo “Hostile Architecture”, che prende tutto ciò che non ci aveva pienamente convinto e lo mette finalmente a fuoco, segnando un netto passo avanti per una formazione che ci sembra aver imboccato la strada giusta per raggiungere la vetta. Gli Ashenspire non sono scesi a compromessi, non hanno semplificato la loro proposta, ma hanno lavorato di lima per rendere il tutto molto più equilibrato, andando ad esaltare quelle qualità che in passato rischiavano di perdersi nell’amalgama sonoro. Un primo passo importante è stato abbassare la durata delle canzoni e dell’album: in “Hostile Architecture” ci sono ancora due brani sopra gli otto minuti di durata, posti in apertura e chiusura dell’album, ma questi vengono finalmente valorizzati, senza sfidare la resistenza dell’ascoltatore. Allo stesso modo gli Ashenspire hanno affinato i propri arrangiamenti: le influenze jazz sono ancora più eleganti e contribuiscono a dare all’album quell’atmosfera fumosa da inizi del Novecento, e la struttura dei brani permette di apprezzare al meglio le sfumature, che sia per apprezzare l’uso dei fiati o per valorizzare un inserto di violino o pianoforte, o più semplicemente per esaltare un efficace uso delle chitarre elettriche, come nel caso di “Tragic Heroin”, brano più immediato, scelto come singolo. Oltre ai due brani più lunghi, “The Law Of Asbestos” e “Cable Street Again”, non possiamo fare a meno di citare un gioiello come “Béton Brut”, che valorizza la natura avantgarde black del gruppo; “How The Mighty Have Vision”, che ci stupisce con un’apertura da coro gregoriano, per mutarsi poi in un folle musical d’altri tempi; per arrivare infine alla notturna “Apathy As Arsenic Lethargy As Lead”. Molto curata e stimolante, anche questa volta, tutto l’impianto lirico e testuale, che affronta i drammi e le contraddizioni del capitalismo, puntando il dito contro il potere concentrata nelle mani di pochi eletti. “Hostile Architecture”, insomma, fa esattamente tutto quello che dovrebbe fare un perfetto secondo album: rafforza tutto ciò che funzionava nel debutto e aggiusta il tiro dove necessario. In questi casi, solitamente, il terzo album è dove ci si aspetta il capolavoro definitivo: chissà che non sia così anche per gli Ashenspire. Per il momento, comunque, non perdetevi questo eccellente ritorno.