6.5
- Band: ASKING ALEXANDRIA
- Durata: 00:44:01
- Disponibile dal: 15/12/2017
- Etichetta:
- Sumerian Records
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La creatura di Ben Bruce ha avuto una parabola piuttosto altalenante negli ultimi anni, fatta di alti e bassi, e costellata da svariati incidenti di percorso misti a sonori successi. La band britannica, dopo i fasti dei primi album che li hanno resi probabilmente la più fortunata e chiacchierata band core degli anni ’10, passa per delle lotte intestine che hanno portato alla dipartita del frontman Danny Worsnop per seguire una nuova direzione musicale con i We Are Harlot prima, e con il suo progetto solista poi, dove ha potuto spaziare su registri country. D’altro canto Ben Bruce ha continuato imperterrito, trovando nell’ucraino faccia d’angelo Denis Stoff un discreto sostituto, con il quale i nostri hanno pubblicato il piuttosto trascurabile “The Black” nel 2016. Il giovane Denis si è poi dato inaspettatamente alla macchia, lasciando il povero Ben ancora una volta orfano di un frontman. Ma poi come in questi casi accade, le cose si sistemano da se, e i due inglesi sono riuscita a ritrovarsi dopo anni e a mettere da parte gli screzi passati, per ricominciare tutto daccapo con adesso degli obiettivi ben diversi. I nostri sono cresciuti, ed i fasti festaioli a tutto core ed elettronica sono ormai alle spalle, ed in questo ultimo capitolo della loro discografia hanno deciso di rimescolare completamente le carte in tavola, creando un selftitled come manifesto del nuovo corso degli Asking Alexandria. Ed in questo album troviamo infatti una band completamente rinnovata, un lavoro dove la componente metal è molto circoscritta, lasciando il posto ad uno spirito cantautoriale molto più marcato, fatto di midtempo emozionali, strutture semplici, lineari e ragionate, e testi intimisti e personali, con il capitano Worsnop ed il suo timbro oggi più massiccio e rotondo (come la sua panza del resto), a fare tutto il grosso del lavoro. La dimensione prediletta di questa nuova incarnazione della band di York è quella del pop/rock, con ancora qualche venatura di metallo pesante in alcuni frangenti, ma sempre abbastanza diluita, e decisamente lontana dai breakdown spezzacollo e dalle urla ferine del passato. Anche le sperimentazione nu e sleaze del periodo “From Death To Destiny” sembrano ormai uno sbiadito ricordo. Ma in linea di massima, questa ennesima evoluzione del quartetto inglese non è affatto male, superato il normale spaesamento iniziale. Per avere contezza di quanto detto in precendenza, basta dare un ascolto all’opener “Alone In A Room”, dove gli ultimi Linkin Park si mescolano ai 30 Seconds To Mars, il singolone “Into The Fire”, bomboniera di rock pesante con un occhio sempre puntato sulle chart oppure la successiva “Hopelessly Hopeful”, ritmata e ruffiana, che piace e fa divertire, un po’ come tutto questo lavoro, se ci si approccia a mente aperta. Non mancano poi le consuete sperimentazioni cross-genre tipiche del quartetto inglese, come la R&B ballad a tutto synth “Empire” con featuring del rapper Bingx, perfetta sia per il dancefloor che da sparare a palla in cameretta. Alla fine della fiera, niente miracoli o risurrezioni di arabe fenici, ma comunque un dischetto carino da ascoltare con leggerezza. Oltretutto poi, gli Asking Alexandria puntano in alto con questa ultima opera, molto in alto. Riempire un’arena non sembra un obiettivo fuori portata adesso, ed i milioni di stream su Spotify dei primi singoli danno già la portata del successo raggiunto.