7.0
- Band: ASPHYX
- Durata: 00:47:18
- Disponibile dal: 27/02/2012
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: EMI
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Certe band sono talmente dotate di talento e di buon gusto che per loro è quasi impossibile concepire qualcosa che non sia meno che bello; certo, differenze qualitative tra un album ed un altro ce ne sono, ma lo standard mantenuto lungo tutta la carriera rimane sempre e comunque molto elevato. E’ il caso dei mitici Asphyx, tornati alla ribalta tre anni orsono con l’eccellente “Death…The Brutal Way”, oggi bissato da “Deathhammer”. Il nuovo lavoro, ovviamente, si inserisce all’interno della continuity di un sound fatto di death e di doom del quale i Nostri sono alfieri incontrastati. Introdotto da una copertina veramente magnifica creata da Axel Hermann (Grave e Bloodbath, tra gli altri), l’ottavo lavoro dei deathster olandesi si pone un paio di gradini sotto l’ottimo predecessore, ma al proprio interno contiene la solita manciata di brani convincenti e possenti tra i quali spiccano due o tre perle che – siamo pronti a scommettere – diverranno a breve dei cavalli di battaglia in sede live. Sebbene il songwriting sia sempre molto lontano dalla banalità, non possiamo fare a meno di segnalare un paio di episodi decisamente ripetitivi (“Vespa Crabro”, “The Flood”) e comunque una certa ridondanza nelle strutture dei vari brani. Inoltre “Death…The Brutal Way” conteneva un trittico di canzoni in downtempo davvero spaventoso, da fare tremare i polsi, mentre in “Deathhammer” si é puntato maggiormente su dei tempi medi che di certo fanno guadagnare in varietà ma d’altro canto fanno perdere in forza d’urto. Curioso notare come la band abbia nuovamente chiesto i servigi di Harry Wijering per la produzione, che si era già occupato dei primi e mitici “The Rack” e “Last One On Earth”. Il buon lavoro in console viene egregiamente amplificato dal mixaggio esemplare di Dan Swanö, che dona potenza e profondità all’insieme. Venendo all’album, ad aprire le danze troviamo la convincente “Into The Timewastes”, death molto swedish e vicino ai Tormented, seguita dalla portentosa title track, breve up tempo tritaossa di un’ignoranza epocale. Il primo vero riff doom arriva con la successiva “Minefield”, traccia introdotta da delle chitarre che viaggiano in territori non distanti da quelli albionici di inizio anni Novanta; il brano assume poi chiaramente le stimmate degli Asphyx, guidato da un Van Drunen sempre acidissimo. L’alternanza di brani brevi e veloci con quelli più lunghi e strutturati la fa da padrona su “Deathhammer”, quindi, dopo la tellurica “Of Days When Blades Turned Blunt”, ecco arrivare la marziale e lenta “Der Landser”. L’album, pur con qualche alto e basso scorre via piacevolmente e gli ultimi sussulti da fuoriclasse arrivano da “We Doom You To Death” (nomen omen) e dalla conclusiva “As The Magma Mammoth Rises”, mid tempo pesantissimo con degli influssi di classic metal nelle sei corde di Paul Baayens. Senza dubbio, “Deathhammer” non deluderà i fan del quartetto olandese e regalerà momenti di pura esaltazione a tutti gli amanti del death più rozzo e contaminato dal doom; l’album é sicuramente inferiore alle migliori cose di Bagchus e compagnia ma, come detto in apertura, gli Asphyx sono assolutamente incapaci di registrare cose brutte, quindi in ogni caso c’é di che rimanere soddisfatti.