ASPHYX – Last One On Earth

Pubblicato il 21/08/2022 da
voto
9.0
  • Band: ASPHYX
  • Durata: 00:39:52
  • Disponibile dal: 01/10/1992
  • Etichetta:
  • Century Media Records

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A un anno di distanza da quella bomba a mano che era “The Rack”, loro debutto del 1991, gli Asphyx pubblicano “Last One On Earth” e, volendo mantenere il paragone armaiolo, dall’agile granata si passa alle bombe di profondità. Siamo in un periodo in cui un certo tipo di heavy metal inizia a cambiare, i giganti degli anni ’80 stanno variando le proprie coordinate (il “Black Album” dei Metallica è ancora lì che gira per le radio), mentre una nuova ondata di estremismo sta per abbattersi sull’Europa sottoforma di black metal. Il death metal scandinavo è, in questo periodo, forse al picco delle proprie velleità distruttive, e gli olandesi Asphyx è da quella scuola che restano attratti. Si percepisce infatti un impegno notevole della band nella ri-costruzione di un proprio songwriting, laddove il death feroce dell’esordio perde le ultime connotazioni thrash per rinvigorire le già evidenti colorazioni doom (che poi diverranno sempre più marcate, come sentiremo nel successivo “Asphyx”), che impreziosiscono la dinamica dei brani di questo secondo lavoro. Un continuo saliscendi tra accelerazioni improvvise, riff gustosissimi, rallentamenti soffocanti, il tutto sorretto dalla voce disperata di un Martin Van Drunen memorabile (uno di quei cantanti death metal riconoscibili e distinguibili come pochi altri) e dal riffing preziosissimo di Eric Daniels. Colpiscono subito le chitarre, del resto, così grasse e d’impatto, chirurgiche nella costruzione di riff che prendono a sberle l’ascoltatore lasciando un segno ben marcato del loro passaggio. Il suono si ingrossa, avvolge immediatamente l’ascoltatore, gli stop-and -go sono meticolosi e ci si trova di fronte, per una quarantina di minuti, ad un modo immediato e intelligente di avviluppare l’ascoltatore in truci melodie al sapore di piombo. Lo si percepisce già nella sorta di musicalità che si pone sul primissimo riff del disco, quello di “M.S. Bismarck”, apertura spaccaossa che nel suo incedere marziale non cela del tutto, come non farà tutto il disco, una capacità di creare qualcosa di facilmente memorizzabile, esaltando sin da subito l’ascolto, variopinto nelle velocità e nei rallentamenti; un continuo saliscendi all’interno di velocità e lentezza sarà il leitmotiv di “Last One On Earth”. Gli olandesi guardano tanto ai ‘colleghi’ deathster scandinavi (l’anno prima era uscito “Clandestine” degli Entombed, per rendere l’idea) quanto ad un doom che potrebbe ricordare tanto i Black Sabbath (a dirne una, “Serenade In Lead”) quanto i Candlemass (il riff portante della title-track non mente in tal senso) o, ancora, i Celtic Frost. Un album come “Last One On Earth” è da godersi nel suo intero, le sue gemme compongono un’unica corona trasudante sangue, e sebbene i brani funzionino egregiamente anche sulle proprie gambe, la fruizione per intero è puro godimento: “Food For The Ignorant” è un compendio delle capacità della band, dove tutte le varie sfaccettature del disco s’incontrano all’interno di cambi di tempo, batteria esasperata (sia in velocità che in lentezza) e chitarre al vetriolo, così come le ripartenze goduriose di “The Incarnation Of Lust”, la pesantezza mortale di “The Krusher” o la fulminea esecuzione di “Streams Of Ancient Wisdom”, un brano lanciato alla velocità della luce, sono lì a testimoniare la florida creatività di una band probabilmente al suo picco. A chiudere in maniera egregia questo disco, troviamo il riff (im)mortale di “Asphyx (Forgotten War)”, che apre con una violenza indescrivibile, grazie a delle chitarre affilate e grezze come coltellacci da guerra; una canzone che trasuda angoscia, dove i riff riescono a muoversi snelli ridisegnandosi all’interno di un muro di suono pachidermico da parte della sezione ritmica, a consegnare alla storia del genere l’album, bilanciando le sue due anime per tutta la durata in maniera esemplare. La storia vuole che Martin Van Drunen abbia registrato le sue parti senza sapere che il resto della band aveva intenzione di utilizzare un altro cantante, per poi decidere di tenere comunque le sue registrazioni. Non sappiamo che tipo di album sarebbe venuto fuori con la voce di Ron Van Pol (che prenderà il posto al microfono della band nel successivo lavoro), ma senza dubbio “Last One On Earth” suona come un album perfetto in ogni dettaglio così com’è, e così ce lo godiamo: da conoscere a memoria.

TRACKLIST

  1. M.S. Bismarck
  2. The Krusher
  3. Serenade in Lead
  4. Last One on Earth
  5. The Incarnation of Lust
  6. Streams of Ancient Wisdom
  7. Food for the Ignorant
  8. Asphyx (Forgotten War)
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